Viaggio nell’arte “criptica” di Giuseppe Billoni tra atmosfere oniriche e figure mitologiche
MANTOVA. È in una antica corte di fine Settecento, nella campagna mantovana nei pressi di Castelletto Borgo, lo studio di Giuseppe Billoni. L'ampia stanza dedicata alla pittura ad olio, alla progettualità e alla ideazione, è adiacente alla sua abitazione, e, da quella stanza parte una scala leggera che raggiunge una sorta di soppalco mansardato, con luce zenitale, dove Billoni, restauratore di professione, si dedica al disegno con le matite e coi pastelli.
«Abito qui dalla fine degli anni Novanta, quindi sono circa vent’anni, e ho da sempre voluto tenere distinte le due situazioni, un lavoro per vivere, quello del restauro appunto, e un momento per fare ricerca, senza secondi fini, libero – racconta -. Il mio è un approccio complicato all’arte, ho iniziato negli anni Settanta, e i miei due “blocchi” di riferimento sono stati Klee e Durer».
Nato nel 1953 a Roma Billoni, mantovano d'adozione, ha frequentato l'Istituto d'Arte e si è specializzato in tecniche incisorie e in particolare nell’acquaforte. Il suo studio ha un sapore bohémien rurale, con doppie file di quadri alle altissime pareti con grosse travi in legno, volumi, manifesti di vecchie mostre, fotografie, un grande cavalletto circondato da colori e pennelli.
«Mi sono sempre dedicato alla studio della simbologia – dice – la mia arte, sia nelle incisioni sia nei dipinti, è “criptica”, un concetto elaborato a partire dal 2000, ovvero, un’arte che vela e disvela il mio universo simbolico ricco di contenuti cosmologici e metafisici. La cripta è uno spazio segreto, rilevabile nell'esperienza, senza la quale è solo citazione. Credo che sia un’esigenza dell'individuo quella di sperimentare e io, nel corso della vita, l'ho fatto molto. Ho sperimentato di tutto, dallo sciamanesimo all’alchimia. Per me la distinzione in formale e informale è accademia: sono stati diversi della forme. È il pensiero puro che ti arriva e crei».
Le sue opere sono caratterizzate da indefinibili sospensioni, forme trasparenti, atmosfere oniriche, figure archetipali e figure mitologiche all'interno di quel confine sottile tra macro e micro cosmo, essenza dell'esistenza, dna. A suo dire, un serpente che si morde la coda, un magma che si muove creando forme e non forme.
«Sono nottambulo e quindi lavoro soprattutto di sera e di notte, a volte non me ne accorgo e arrivo fino all'alba – dice Billoni-. In campagna si sentono le civette e gli uccelli notturni, non arrivano telefonate, c'è silenzio. Oppure lavoro nei weekend, in questo caso anche ascoltando la musica, di tutti i generi, classica, jazz, rock, purché sia di qualità. Poi dormo quando ne ho bisogno. Non ho mai smesso di lavorare, anzi, durante il lockdown dello scorso anno per due mesi sono stato sempre a casa e in studio. La mia arte non ha risentito dell'influenza del Covid 19, non c'è traccia».
E Federico Zeri scelse i tarocchi del pittore per la copertina di un suo libro
Come ha influito sull’attività espositiva dell’artista questo periodo di emergenza sanitaria dovuto al Covid? «Ero in un periodo di relax, e comunque vendo poco e raramente. Non corro dietro alle mostre, e quindi non ho dovuto rinunciare a niente a causa della pandemia – dice Giuseppe Billoni -. Mi dispiace moltissimo per chi non ha lavorato, in generale. Io ho un approccio sdrammatizzante nei confronti della vita. E comunque si è bloccato tutto». In passato, come raccontano anche le pareti del suo studio, tappezzate di locandine e manifesti, Billoni ha partecipato invece a numerosissime mostre nazionali e internazionali, personali e collettive soprattutto in un arco di tempo compreso tra il 1972 e il 2006. Oltre alla sua arte “criptica”, sono celebri i suoi