Caro bollette, per le imprese è una stangata: da gennaio a marzo rincari per 525 milioni

UDINE. Autotrasporto, pesca e agricoltura sono allo stremo e rappresentano gli ultimi settori – ma soltanto in ordine di tempo – che chiedono aiuto al Governo a causa dell’aumento del costo di gas e luce e – in questo caso – soprattutto del carburante.

I numeri dei maggiori costi per le aziende del settore in Friuli Venezia Giulia sono stati calcolati dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha evidenziato, prima di tutto, come per i tir, mondo ittico e agricolo il principale problema sia legato al gasolio per autotrazione che, ad esempio, ha subito nell’ultimo anno un aumento di prezzo di oltre il 22 % con molte aziende che, a questo punto, rischiano seriamente di doversi fermare perchè impossibilitate a proseguire nella loro attività lavorativa.

Allargando lo spettro di analisi a tutte le imprese del Friuli Venezia Giulia, la Cgia di Mestre ha stimato che soltanto nel primo trimestre dell’anno le aziende locali saranno chiamate a pagare, rispetto al 2019 (anno pre-pandemia), ben 525 milioni di euro in più di energia elettrica e gas, a fronte di un extra costo annuo di 2 miliardi 100 milioni. Se questi aumenti di prezzo dovessero perdurare per una buona parte del 2020, inoltre, non è da escludere che 5 mila addetti della regione occupati nelle aziende energivore rischiano, anche temporaneamente, di rimanere a casa.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi, una manciata di giorni fa, ha promesso un intervento del Governo «di ampia portata», citando il premier, per calmierare i prezzi delle bollette a famiglie, imprese e amministrazioni pubbliche. Pare di capire che questa misura dovrebbe aggirarsi tra i 5 e i 7 miliardi di euro. Sia chiaro – sottolineano da Mestre –, in termini assoluti si tratta di una cifra elevatissima, ma se confermata, sarebbe comunque del tutto insufficiente a mitigare i rincari che, in particolar modo le imprese, subiranno in questi primi tre mesi dell’anno.

Con aumenti che in alcuni casi sfiorano anche il 400 per cento, i settori energivori sono più a rischio degli altri. Per quanto riguarda il consumo del gas, la Cgia segnala le difficoltà che stanno colpendo le imprese del vetro, della ceramica, del cemento, della plastica, della produzione di laterizi, la meccanica pesante, l’alimentazione, la chimica e settori simili. Per quanto concerne l’energia elettrica, invece, rischiano il blackout le acciaierie e le fonderie, l’alimentare, il commercio (negozi, botteghe, centri commerciali e strutture simili), gli alberghi, bar, ristoranti e altri servizi come cinema, teatri, discoteche e lavanderie.

Cosa fare, dunque, per invertire la rotta? Dato per assodato, sostengono ancora dall’Ufficio studi della Cgia, che nel medio periodo dovremo ridurre la dipendenza dall’estero, aumentare la produzione di gas italiano e proseguire sulla strada degli investimenti nelle fonti rinnovabili, il problema è adesso decisamente più contingente. Le imprese, infatti, necessitano di misure in grado di calmierare immediatamente il caro bollette: il budget tra 5 e 7 miliardi ipotizzati in questi giorni non sono sufficienti; pertanto – è la teoria – non abbiamo alternative. «O si salvano le aziende – concludono gli esperti della Cgia – , recuperando le risorse attraverso un nuovo scostamento di bilancio, altrimenti molte saranno destinate a chiudere oppure, nella migliore delle ipotesi, a ridurre drasticamente gli organici. Certo, l’obiezione di chi sostiene che come Paese siamo troppo indebitati e non possiamo farlo ulteriormente è legittimo. Ma è altrettanto legittimo segnalare che i soldi che risparmiamo, evitando di approvare aiuti importanti, saremo chiamati a spenderli erogando la cassa integrazione oppure l’indennità di disoccupazione a coloro che perderanno il lavoro».