Da Israele l’idea del latte sintetico: a rischio gli allevamenti bellunesi

BELLUNO. Dopo la carne, anche il latte sintetico? Se arriverà anche a Belluno, riusciranno a sopravvivere i 400 allevamenti, piccoli e grandi, della provincia? Che fine faranno i 10 mila capi, tanti dei quali producono l’ottimo latte biologico apprezzato non solo ai piedi delle Dolomiti, ma quanto meno nel Veneto? «Temiamo il peggio», ammette Michele Nenz, vice direttore della Coldiretti.

Ma Paolo Casagrande, presidente del sindacato Anpa, con casa e stalla a Chies d’Alpago, è partito, lancia in resta, con una crociata tutto campo. Ha coinvolto i parlamentari, il presidente Luca Zaia in prima persona. «È un trauma, altro che il Prosek», commenta la notizia che la start-up israeliana Remilk, ha raccolto 120 milioni di dollari per aprire una fabbrica a Kalundborg, in Danimarca, dove verrà prodotto in larga scala latte sintetico.

Non una bevanda vegetale alternativa al latte vaccino ma un vero e proprio latte di vacca, realizzato interamente in laboratorio. «La cosa grave è che la società israeliana parla di prodotti caseari, che in realtà non lo sono, e poi l’amministratore delegato dichiaratamente dice che manderanno le vacche in pensione, con la distruzione di tutta zootecnia italiana già malridotta dalle vecchie quote latte e dal caro alimenti recente guerra Ucraina».

Per Casagrande, punto di riferimento di numerosi allevatori del Cansiglio, non ci sono dubbi: «Sarà il disastro perché in montagna si produce solo latte dai prati e pascoli». L’europarlamentare Bizzotto ha già fatto un’interrogazione alla Ue, i parlamentari Paolin e Manzato hanno prontamente presentato un’interrogazione al ministro Patuanelli.

«Abbiamo chiesto a Zaia e all’assessore Caner di portare la questione in Conferenza Stato regioni. La cosa grave è che si parla di latte, prodotti caseari quando il latte vero non lo vedono nemmeno con il binocolo, una truffa al consumatore. La vertenza Prosek, al confronto, è una bazzecola».

Nenz non è meno allarmato. Anche perché i 400 allevamenti del Bellunese non sono un’integrazione del reddito di tante famiglie, ma la principale fonte di reddito, quella strutturale. «Le nostre stalle sono quotidianamente messe sotto scacco da problemi oggettivi, dall’aumento delle tariffe energetiche a quello delle materie prime, senza considerare il balzo verso l’alto del carburante e molto altro. Insidie che minano la zootecnia bellunese, oltre che quella italiana, che vede nella nostra provincia un punto di forza, al di là di ogni dubbio, con produzioni d’eccellenza ovunque apprezzate. E, proprio in questo frangente, non poteva che arrivare l’ennesima bufala, a generare ulteriore confusione e, soprattutto, a minacciare il made in Italy, il latte senza mucche».

“Real dairy. No cows”. È lo slogan che campeggia sul sito della Remilk, la start up israeliana che promette di fare “veri” latte e formaggi senza l’aiuto delle mucche, nuovo simbolo dell’attacco alle stalle italiane e al made in Italy a tavola portato dalle multinazionali del cibo. «Questa è un’aggressione che, dietro belle parole come “salviamo il pianeta” e “sostenibilità”, nasconde in verità», secondo Nenz, «l’obiettivo di arrivare a produrre alimenti facendo progressivamente a meno degli animali, dei campi coltivati e degli agricoltori stessi».

Asserisce l’onorevole Franco Manzato, già sottosegretario all’agricoltura, che ben conosce il Bellunese e l’Alpago in particolare: «Dopo l’hamburger di carne senza carne, si apre dunque l’era del latte sintetico. Qui si mette a rischio un comparto che ha un fatturato che supera i 16,2 miliardi di euro e un indotto che dà lavoro a oltre 100mila persone e rappresenta più del 12% del fatturato complessivo del food nazionale; il settore della trasformazione del latte è il primo per dimensioni di tutto l’agroalimentare italiano. Le sue esportazioni rappresentano il 40% della produzione casearia e hanno raggiunto 3 miliardi di euro di valore. In provincia di Belluno il latte vale decine di milioni: si pensi alla cooperativa Lattebusche».