Meno medici e meno nascite, in regione c’è un pediatra ogni 1.237 bambini: «Mancano però spazi e concorsi»

UDINE. L’equilibrio è precario. Ma per ora, il numero di pediatri di libera scelta presenti sul territorio dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale basta a coprire le esigenze.

In servizio ce ne sono 50, con una sola zona carente nell’area di Ampezzo, in Carnia. Certo, ci sono intere vallate coperte da un unico professionista, ad esempio la Valcanale e il Canal del Ferro, ma ci sono state annate in cui questi territori non sono stati serviti nemmeno da un pediatra, con le amministrazioni che hanno dovuto penare per veder garantito il servizio in maniera continuativa.

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Oggi le cose sono migliorate e vanno decisamente meglio rispetto alle altre carenze delle professioni sanitarie, guardie mediche e medici di base su tutti. Però basta qualche defezione per far ripiombare il sistema nella difficoltà.

«Il numero di pediatri è contenuto, ma va detto che anche quello dei bambini è in diminuzione – rimarca Paolo Lubrano, segretario regionale della Federazione italiana dei medici pediatri –. A fare la differenza è che i colleghi non si limitano ad assistere i bambini tra zero e sei anni, ma vanno avanti almeno fino ai 14 anni, e questo alza il numero di pazienti».

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Stando a una recente statistica, in provincia di Udine ogni pediatra di famiglia segue 1.237 bambini a fronte di una media nazionale di 1.061.

«Rispetto ad altre specialità sanitarie, non c’è una perdita di affezione verso questa professione – assicura Lubrano –. Ritengo che il numero di professionisti operanti sul nostro territorio sia sufficiente, tenendo conto che nel giro di qualche anno gli assistiti sono destinati a diminuire. Da circa 10 mila nuovi nati ogni anno, il Friuli Venezia Giulia è sceso a poco più di 7 mila. Questo inciderà in maniera significativa sul lavoro dei pediatri».

Lubrano non vede grosse criticità nemmeno sul fronte del ricambio generazionale: «I pediatri in età pensionabile non sono così tanti come i medici di base, quindi l’impatto sarà minore. Anche perché i nuovi innesti sono in arrivo dall’Università di Udine».

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Per gli addetti ai lavori, ciò che oggi fa credere alle famiglie di non avere un’assistenza pediatrica adeguata, è l’incapacità di gestire le situazioni di emergenza.

Nel momento in cui un professionista va in pensione o si trasferisce, prima di sostituirlo, a causa dei tempi della burocrazia, si viene a creare “un buco” che causa un disagio ai genitori.

Anche perché c’è la tendenza a rivolgersi al pediatra per ogni minimo sintomo (anche per qualche linea di febbre), e nel momento in cui quest’ultimo manca o non è in servizio, ci si rivolge senza esitazione al pronto soccorso. «C’è tutto un iter da seguire, dal concorso per una zona carente, al ricevimento delle domande e già qui passa un mese.

Poi quando arrivano le domande, queste vanno valutate una per una. Infine, quando si decreta il vincitore, c’è tempo 90 giorni per aprire lo studio», spiega Lubrano.

Diversa la lettura della situazione fatta dai sindacati. Per Stefano Bressan della Uil Fpl «è vero che rispetto a quanto accade per i medici di medicina generale i professionisti non mancano, ma c’è carenza di “spazi” territoriali in cui poter operare. Le istituzioni dovrebbero pubblicare più bandi per dare modo a un numero maggiore di professionisti di prendere servizio sul territorio». —

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