Juventus, un fallimento non solo di Thiago Motta
L'eliminazione dall'Empoli, che preclude la difesa della Coppa Italia vinta da Allegri un anno fa, segna il punto di non ritorno della stagione della Juventus. Da qui in poi nessuno potrà staccare l'etichetta di fallimento a un'agonia lunga sette mesi, in cui i segnali dell'inerzia negativa si erano visti già in principio, ignorati da chi ha preferito guardare il dito invece che puntare alla luna. Scelta stolta che ha prodotto una progressiva dispersione degli obiettivi: stare con le migliori in campionato almeno fino alla primavera, una Champions League adeguata (non il ko nel playoff per mano del Psv dopo una prima fase chiusa al 20° posto), giocarsi la Coppa Italia e, dulcis in fundo, magari provare la fiche della Supercoppa italiana.
Tutto svanito in una sequenza di prestazioni confuse quanto le scelte del suo tecnico, inespresse, arroganti e continue solo nella mediocrità. Ora che il fondo è stato toccato, lo ha ammesso lo stesso Thiago Motta, riflessioni sono obbligatorie per l'immediato e per il futuro. Non centrare nemmeno un posto nella prossima Champions League non è scenario accettabile perché trasformerebbe la farsa (sportiva) in tragedia con riflessi su tutto un progetto costato alla proprietà centinaia di milioni di euro e che ha cominciato a scricchiolare fin dal principio.
Dunque, è giusto che in questo momento i pensieri siano rivolti all'allenatore, terminale ultimo dello stesso progetto. Più ancora della non prestazione contro l'Empoli, è stato il suo sfogo post partita a dare il senso di non ritorno alla situazione. "Le cose uno le deve meritare, non le deve pretendere. Oggi ho visto una squadra che pretende delle cose senza meritarle, questo mi fa sentire male, mi fa vergognare per quello che ho visto, mi fa provare vergogna vedere la mia squadra giocare in questo modo" ha detto, ripetendo più volte la parola "vergogna", assumendosi la responsabilità di non aver saputo dare ai suoi il giusto atteggiamento ma, allo stesso tempo, attaccando: "Oggi nessuno può dire di aver dato il massimo".
Parole che assomigliano ad altri testamenti sportivi dettati in momenti finali di un'avventura. Non è detto accada subito, anche se Verona, Atalanta e Fiorentina prima della sosta sono ostacoli non semplici per dare una scossa, ma di sicuro si proiettano sull'estate e sulla prossima stagione. La fiducia piena non può più essere espressa per un tecnico che ha vinto meno della metà delle partite dell'annata (17 su 39 per un misero 43,5%), fallito tutti gli obiettivi e contribuito a bruciare valore a un doppio mercato in cui non si è badato a spese.
A proposito del quale, una volta finito il processo a Thiago Motta, sarà giusto aprire altre riflessioni perché le strategia sono state ugualmente confuse, ridondanti e a tratti illogiche. Giuntoli è alla fine del secondo dei cinque anni di contratto da plenipotenziario: qualche risposta ad Elkann e al popolo bianconero dovrà darla anche lui.