Trieste, stop alle operazioni di cambio di sesso
TRIESTE In Italia il percorso di transizione di genere è un iter lungo e non privo di difficoltà, che tocca corde dell’intimo e prevede passaggi giuridici, oltre che sanitari, complessi. Fino a pochi anni fa, Trieste e la sua Azienda sanitaria erano note in tutto il Paese come centro d’eccellenza per il trattamento della disforia di genere - condizione di forte e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal sesso assegnato alla nascita - e per la qualità del servizio psicologico e chirurgico offerto alle persone trans che decidevano di procedere con il “cambio di sesso”. Ma durante la pandemia le operazioni di riattribuzione dei caratteri sessuali, ritenute “non urgenti”, sono state sospese. E terminata l’emergenza sanitaria l’attività risulta ancora ferma.
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«Mi è stato detto che le liste d’attesa sono state chiuse, e che a Cattinara non vengono più operate le persone trans». A parlare è Annabella Rasitovic, donna trans di 38 anni che nel 2019 ha avviato l’iter di transizione presso il Centro disforia di genere della Clinica urologica del nosocomio triestino. In lista d’attesa dal 2021, dopo oltre due anni le è stato comunicato che, riferisce, «gli interventi sono sospesi e dovrò rivolgermi a un centro in un’altra regione»: ma «non posso permettermi questa spesa» e «non riesco più a vivere in un corpo che non è mio».
Annabella si è quindi rivolta a Euphoria Trans Fvg, associazione in prima linea per i diritti della comunità transgender, che conferma come «da tempo interventi di vaginoplastica e mastectomia all’ospedale Cattinara siano completamente fermi» e denuncia come al momento siano «decine e decine» le persone trans che «non sono neanche state messe in lista d’attesa e non hanno ricevuto l’appuntamento per la visita ambulatoriale».
Il direttore generale di Asugi Antonio Poggiana parla di «attività chirurgica sotto pressione», rassicurando che «riattiveremo gli interventi per la riassegnazione di sesso» appena possibile, mentre i responsabili del Centro disforia di Genere, contattati telefonicamente, dicono che «le operazioni sono sospese» fino a «data non definita». Nei fatti quindi un servizio al momento assente, senza alcuna certezza su quando verrà riattivato, e persone «in attesa anche da anni per un’operazione necessaria a sentirsi finalmente loro stesse nel proprio corpo».
È la storia di Annabella, arrivata dalla Serbia come rifugiata per sottrarsi a discriminazioni e violenze che la vita spesso riserva alle persone transgenere. «Io sono sempre stata una donna, e sempre lo sarò», afferma Annabella, con voce stanca perché «da quando mi è stato detto che non mi avrebbero più operata, devo prendere sonniferi per dormire la notte a causa dell’ansia». Trieste è la città che aveva scelto per vivere, anche proprio per quella fama di punto di riferimento per le persone come lei affette da disforia di genere e intenzionate a intraprendere il percorso di transizione: questo comprende un iter legale (che avviene in Tribunale), e uno psicologico, cui segue l’adozione della terapia ormonale e, in alcuni casi, appunto l’intervento chirurgico. L’Azienda offriva tutto il lato sanitario come parte del servizio pubblico: dal 1995 a oggi sono state oltre 350 le operazioni di riattribuzione dei caratteri sessuali effettuate a Cattinara. Dalla pandemia, tuttavia, come molte attività chirurgiche anche questa ha subìto ritardi. Ora però dai ritardi si è passati allo stop totale. «Ci risulta evidente un blocco delle liste d’attesa e dell’inserimento di ulteriori persone», denuncia quindi Erica Scarel, vicepresidente di Euphoria Trans. Il direttore di Asugi precisa però che «moltissimi pazienti, affetti da diverse patologie, non da ultimo quelle oncologiche, sono in lista d’attesa»: «Nonostante il considerevole aumento dell’attività di sala operatoria - spiega Poggiana - dobbiamo ancora recuperare gli interventi che sono stati sospesi durante il Covid. Non appena saranno completati gli interventi con la massima priorità, riattiveremo anche quelli per la riassegnazione di sesso».
Non c’è però solo la sospensione dell’attività chirurgica del Centro disforia triestino. Euphoria Trans continua infatti a ricevere segnalazioni di persone per le quali «non vengono neanche fissate le visite ambulatoriali a scopo di colloquio, che servirebbero a metterle in lista». Molte altre le persone che invece attendono l’intervento anche da anni e che, denuncia ancora Scarel, «saranno adesso costrette a muoversi fuori regione», come a Torino, Firenze o addirittura all’estero, in strutture pubbliche o private (dove l’operazione può costare fino a 20 mila euro).
È un ostacolo economico, oltre che emotivo, tanto più per persone che, come Annabella, faticano a trovare un lavoro proprio a causa di quello «stigma sociale» ancora troppo spesso associato alle persone transgender: «Mi presento ai colloqui e, appena mi vedono, mi mandano subito a casa», confida Annabella. «Non posso permettermi di andare a operarmi fuori regione. Non posso ricominciare da capo. Sono stanca di aspettare, lottare, intrappolata in un corpo che non è mio», e ripete: «Io sono sempre stata una donna e - conclude - sempre lo sarò».