Opera in tre Atti | I movimenti di Empoli-Atalanta
Grave
Una serata da incubo. Non tanto per la sconfitta, quanto per le dimensioni della stessa. Con l’Atalanta perdere è nell’ordine naturale delle cose, farlo arrendendosi dopo poco più di mezz’ora di gioco non è accettabile. Appena due mesi fa, quindi non nel periodo paleolitico, l’Empoli usciva sconfitto 3-2 a testa altissima dal Gewiss Stadium, punito da una giocata di De Ketelaere a cinque minuti dalla fine. Rispetto alla sfida di domenica scorsa con gli orobici di Gasperini, gli azzurri schieravano nell’undici iniziale Ismajli e Anjorin, in luogo di De Sciglio e Maleh. Per la verità figuravano tra i titolari anche Vasquez e Colombo, arruolabili domenica sera ma tenuti fuori per scelta tecnica. Nessuno nega che, rispetto a sessanta giorni fa, mancassero un paio di giocatori importanti. Ma circoscrivere una debacle indecorosa all’assenza esclusiva di Ismajli e Anjorin sarebbe poco credibile. La verità è che qualcosa, forse tutto, è cambiato nella testa dei giocatori. Quando si subisce 21 gol nelle ultime 7 partite, la media esatta di tre ogni novanta minuti, difficile pensare che tutto sia da ricondurre all’assenza di Ismajli. Peraltro l’albanese era al suo posto al centro della difesa anche nel corso della prestazione spartiacque in negativo della stagione: Empoli-Lecce 1-3.
Lento
Dove vanno ricercate quindi le ragioni di questo terribile segmento di campionato che persiste ormai dal periodo pre natalizio? Ad avviso di chi scrive, fondamentalmente in tre fattori, non necessariamente in ordine di importanza: assenze/infortuni; deficitaria gestione della finestra di mercato invernale, mancate partenze incluse; infelici scelte fuori e dentro al campo che hanno finito per generare pesanti insicurezze e insospettabili fragilità. Insospettabili perché, fino alla prima metà di dicembre, questo Empoli era sembrato uno dei più solidi e organizzati presentati in Serie A. Forse non il più tecnico ma, certamente, per fisionomia di gioco e modo di stare in campo, sin lì Roberto D’Aversa non aveva sbagliato una virgola. Da due mesi e mezzo a questa parte, lo scenario è clamorosamente mutato. Scelte opinabili, malumori interni, scarsa resistenza atletica, pessima tenuta mentale. Al termine di un filotto di gare proibitive, l”Empoli precipita inevitabilmente laddove si temeva: al terzultimo posto.
Adagio
Paradossalmente, ciò che preoccupa di più in questo momento non è la classifica. Gli allarmismi maggiori provengono dalla attuale impotenza caratteriale a sottrarsi a un destino infausto, forse imprevedibile per chi ha galleggiato anche a una decina di punti di distanza dalla quota salvezza. La società ha deciso di puntare forte sulla conferma di mister D’Aversa. Evidentemente ha ravvisato la presenza di un collante che unisce ancora la guida tecnica al gruppo squadra. Al netto di alcune decisioni poco felici, l’attuale allenatore azzurro non ha colpe specifiche, tali da giustificare un allontanamento. È pur vero che in situazioni analoghe – 2 punti in 11 gare sono un cammino impietoso – spesso si ricorre alla classica scossa emotiva in grado di generare un impulso positivo nell’immediato. L’impressione però è che quest’anno non ci siano i presupposti per invertire la rotta attraverso una decisione forte presa sulla falsariga di quella targata Davide Nicola nel gennaio scorso. Per oltre tre mesi abbiamo assistito a un ottimo Empoli e, con una serie di scontri diretti da affrontare nel prossimo futuro, mister D’Aversa merita fiducia e la possibilità di giocarseli. Ci sarà tempo per processi e bilanci: ora è il tempo della coesione nelle difficoltà.
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