La sanità “azzoppata” Saltati per lockdown oltre 15mila ricoveri
Quasi 29 mila prestazioni di screening rinviate, 80 infartuati in meno in ospedale «Non è un improvviso miglioramento della salute, la gente si è curata meno»
Il coronavirus ha fagocitato il sistema sanitario, lo ha costretto a concentrare tutte le forze nella cura della pandemia. Urgenze escluse, tutto si è fermato perché non si poteva fare altrimenti. Per l’azienda sanitaria trevigiana la stima è un milione di prestazioni lasciate indietro nei due mesi di lockdown, tra interventi chirurgici, esami radiologici, analisi del sangue e di laboratorio, screening oncologici. Ma bloccare le visite significa non avere le diagnosi. Anche a livello locale gli esperti lanciano l’allarme: a causa di questo drammatico cortocircuito si rischia una pandemia nella pandemia, a discapito della salute della popolazione, alle prese con ritardi nei responsi clinici, aggravamento delle patologie croniche e paura a tornare in ospedale per via del contagio.
Nella Marca il fermo per Covid è durato dal 16 marzo fino al 4 maggio, da un mese l’Usl ha avviato una graduale riapertura e iniziato il programma di recupero delle liste d’attesa. Una situazione mai affrontata prima d’ora che s’infrange con un sistema sanitario a ranghi ridotti per l’annosa carenza di medici, con la necessità di allungare di 15 minuti ogni visita per le igienizzazioni, e presto impatterà con il piano ferie del personale in corsia. Restano da recuperare circa 15.500 ricoveri ordinari, per week surgery e chirurgia giornaliera, tra le specialità più richieste Ortopedia, Medicina fisica, Otorino e Oculistica con 2 mila utenti in attesa di intervento di cataratta.
FATTORI DI RISCHIO
Nel duro periodo della quarantena c’è chi ha trovato conforto nel dolcetto, aumentando il rischio di obesità e diabete. Di quest’ultimo in provincia di Treviso soffrono oltre 45 mila persone. Non manca chi durante il lockdown si è abbandonato alla pigrizia, ha fatto meno attività fisica a tutto vantaggio di osteoporosi e carenza di vitamina B. Ma sono accadute anche cose ben più serie: molti trevigiani, nonostante un forte dolore al petto, hanno preferito non andare al pronto soccorso e infatti le Cardiologie della Marca hanno registrato tra marzo e aprile un calo del 20% degli accessi per infarto. «In media negli ospedali di Treviso e Castelfranco vediamo circa 150 pazienti con infarti acuti o subacuti ogni mese, durante la pandemia siamo scesi tra i 100 e i 110 pazienti. Ciò significa che un’ottantina di persone non ha chiesto aiuto al 118: una situazione seria che non è rapportabile a un improvviso miglioramento delle condizioni di salute della popolazione generale, piuttosto al timore del virus. Ora bisogna invertire questa tendenza i cittadini vengano in ospedale a curarsi», dice il primario Carlo Cernetti alla guida dell’Emodinamica del Ca’ Foncello e del San Giacomo. A sorpresa, gli ictus sarebbero diminuiti per un effetto “benefico” della chiusura: la riduzione dello stress. «Tra marzo e aprile abbiamo avuto un centinaio di pazienti in meno nel reparto di degenza ordinaria, calo pari a un terzo», sottolinea Sabina Villalta, primario della Medicina Generale del San Giacomo, «aver rallentato nella vita di tutti i giorni, lo stare a casa e l’avere più tempo per sé ha diminuito gli stimoli stressanti o traumatici, e quindi le sollecitazioni neurologiche e l’ipertensione causa di patologie, tanto che abbiamo avuto meno eventi ischemici e ictus».
GLI SCREENING
Lo stallo degli screening oncologici apre ben altro scenario. Ogni anno in provincia di Treviso vengono diagnosticati circa 5.480 nuovi tumori, i più frequenti sono il cancro alla mammella, colon e collo dell’utero. Aver interrotto il monitoraggio della popolazione ha comportato un arretrato di circa 7 mila mammografie, 10 mila controlli colonrettali con ricerca del sangue occulto e circa 4 mila tra Pap test e Hpv test. Quanti pazienti siano finiti in “zona grigia”, colpiti da un tumore non ancora riscontrato, è difficile da prevedere: guardando allo storico si potrebbero ipotizzare circa 900 potenziali nuove diagnosi nei due mesi di stallo, sarà quindi cruciale accelerare sugli screening per guadagnare il terreno perduto. Una diagnosi precoce significa cure meno invasive e maggiore possibilità di guarigione. —