Sagre e offerte ko, sos della Chiesa per le parrocchie: nella Marca saltano 4 milioni
TREVISO. E il Covid 19 mette in crisi i conti della Chiesa trevigiana. La Diocesi di Treviso era già incappata, ai tempi del vescovo Mazzocato, oggi arcivescovo a Udine, nel crac di Veneto Banca?
Adesso è il lockdown, con tutte le sue conseguenze, ad allarmare i parroci, referenti della chiesa diffusa sul territorio e di quell’organismo imprescindibile che sono le comunità. I mesi di chiusura, poi le messe con i fedeli contingentati hanno fatto crollare gli introiti delle offerte, il canonico perno, è il caso di dirlo, delle casse parrocchiali.
Le prime stime dicono che potrebbero mancare all’appello 1 milione di offerte, o poco meno, e almeno 3,5 milioni di ricavi dalla sagre parrocchiali, tenendo presente che queste ultime venivano organizzate da 150 delle 265 parrocchie della Diocesi.
«Ho fatto i primi conti, verrà mancare non meno del 40% e parlo delle offerte», è il ritornello dei parroci che hanno sfruttato il periodo estivo per una prima ricognizione alle entrate della cassette e dei cestini, chiedendo lumi agli amministratori, «possiamo solo sperare di tenere da qui a fine anno, e magari di recuperare qualcosa».
Ma tutti sono fortemente preoccupati, perché quegli introiti sono essenziali per finanziare interventi come i lavori alle chiese, le materne aderenti alla Fism (realtà fondamentale in una Marca dove il servizio pubblico è largamente minoritario) le piccole e grandi emergenze, le opere parrocchiali .
In piena emergenza, a dire il vero, la necessità di aiutare le famiglie bisognose e aveva innescato slanci di generosità ad hoc, nelle varie comunità. Ed erano stata lanciate alcune iniziative conviviali, nel segno della solidarietà, per raccogliere fondi alternativi alle offerte e agli incassi delle sagre . E c’era stata la speranza di poter recuperare le sagre magari spostandole – ma come collegarle al santo patrono ? – ma poi, con poche eccezioni, il rigore delle norme , gli adeguamenti in termini igenico sanitari, le riduzioni delle capienze sotto i tendoni ave hanno indotto quasi tutti i comitati alla rinuncia.
E poi, non solo lo streaming. Il non aver più fatto girare i volontari tra i banchi per le offerte, lasciando la libera elargizione nelle cassette o nei cestini non ha mantenuto gli introiti consueti, per un chiaro effetto psicologico.
E così adesso, i conti nell’arco dell’anno, ad estate quasi conclusa, hanno seminato ansia e timori. C’è chi fa osservare che da tempo le offerte si sono ridotte rispetto a 5.6 anni fa, quando ancora rappresentavano una solida certezza per tutti i parroci. C’è chi si consola con il mal comune: «Soffrono le famiglie, le aziende, gli ambiti della vita comunitaria, la Chiesa fa parte de mondo e non può non soffrire anch’essa» dice un ecclesiastico ai piani alti della Diocesi, «Dobbiamo prepararci a una fase nuova, e a rivedere diversi aspetti anche contabili».
L’impressione è che prevalga la consapevolezza di un intero sistema, quello finanziario legato alla Chiesa, da rivedere da qui a pochi anni. E c’è anche chi, più lungimirante, fa osservare come anche l’8 per mille del prossimo anno sarà certamente condizionato dai redditi di questo 2020. Il più ironico è un decano: «C’è sempre la Provvidenza, anche se tutti ci ritengono benestanti, perché lo è il Vaticano: ma è un pregiudizio».
Facile presumere che ben presto il tema verrà affrontato ai piani alti delle Diocesi, dal vescovo monsignor Michele Tomasi , con la struttura diocesana. Il responsabile ufficio amministrativo don Mauro Motterlini , l’economo don Adriano Fardin e il vice Sergio Criveller. —