L'assessora Monni: "Ospedali provvisori con 2000 letti dotati pure di caschi per l’ossigeno"
Monia Monni, assessora regionale alla Protezione civile: il primo sarà a Prato nell’ex polo di incubazione di imprese
Uno dei primi importanti ospedali provvisori, per le cure intermedie, da 500 posti, sarà aperto nell’Asl Toscana centro. A Prato, nell’edificio del Creaf, in un immobile di proprietà regionale destinato a start-up e attivit economiche (e mai utilizzato). L’Asl dell’area fiorentina, infatti, è la più “popolosa” e quella con il più alto numero di casi di Covid 19. Comunque gli ospedali “provvisori” per i pazienti Covid sono previsti in tutta la Toscana, nella (nuova) fase dell’emergenza. È per questo che Monia Monni, assessora regionale alla Protezione civile, da giorni sta battendo la Toscana. Effettua sopralluoghi per individuare le strutture che possano ospitare letti di cure intermedie, nel giro di una ventina di giorni. Deve recuperare 1500/ 2000 posti letto che abbiano caratteristiche simili: siano vicini a ospedali con reparti di terapia intensiva, siano in strutture vicine a svincoli autostradali (per essere facilmente raggiungibili). L’obiettivo dell’assessora Monni è decongestionare gli ospedali per reggere il picco del Covid-19, senza arrivare a sospendere le altre attività sanitarie «perché tutti i pazienti hanno diritto a essere curati».
Assessora Monni, quali sono gli interventi urgenti che, come protezione civile, potete realizzare per contrastare questa nuova emergenza Covid-19?
«In questo momento è fondamentale decongestionare gli ospedali, non tanto le terapie intensive quanto i reparti ordinari visto il ritmo al quale crescono i ricoveri. Sto lavorando gomito a gomito con molti assessori e con la struttura regionale della protezione civile, uomini e donne a disposizione 24 ore al giorno, sabato e domenica non stop, molto oltre il semplice lavoro. Avere una struttura di questo tipo fa la differenza nell’essere più o meno operativi: noi siamo molto operativi».
Come si “decongestionano” gli ospedali?
«Con iniziative di vario tipo. Partiamo con i servizi a livello territoriale. Da una graduatoria della protezione civile nazionale, abbiamo selezionato i 500 “tracciatori” di persone entrate in contatto con chi è positivo. Questi tracciatori verranno distribuiti nelle centrali che saranno operative a Carrara, Firenze, Arezzo. Fra questi 500 ci sono anche 93 medici che utilizzeremo non solo per il tracciamento ma anche per rafforzare le Usca, le unità speciali che curano a domicilio i malati Covid: l’irrobustimento dei servizi territoriali garantisce la difesa degli ospedali. Come il potenziamento degli alberghi sanitari».
Gli alberghi sanitari non sono ospedali, però.
«Gli alberghi sanitari sono strutture per persone positive al Covid, asintomatiche o con sintomi lievi che però sono contagiose. Lì con una sola Usca controlli un gruppo di persone alle quali consenti di isolarsi, di non portare il virus in casa: i focolai principali sono quelli familiari. Non tutti i positivi hanno la possibilità di isolarsi dentro la propria abitazione e comunque l’isolamento non è un’operazione semplice anche se hai un’abitazione grande».
Ma a cosa servono gli alberghi sanitari?
«Sono fondamentali per “scaricare” gli ospedali, in previsione che la curva del contagio non si riduca. Ci consentono di tenere sotto sorveglianza e anche sotto cura (leggera) persone che, altrimenti, le Usca dovrebbero andare a monitorare a domicilio, con uno sforzo maggiore».
Ma con il nuovo decreto si sta andando verso una chiusura quasi totale.
«Ci vorranno almeno 2 settimane prima di vedere gli effetti delle nuove restrizioni. Perciò dobbiamo rafforzare i posti letto: gli ospedali sono in sofferenza non tanto sulle terapie intensive su cui è stata fatta una grande operazione di irrobustimento quanto sui posti letto ordinari, perché oltre ai pazienti Covid dobbiamo garantire assistenza e cure anche ai pazienti non Covid. In questa ottica non bastano neppure gli alberghi sanitari».
Perciò pensate ai letti di cure intermedie?.
«Stiamo già cercando fra i 1500 e i 2000 posti letto in strutture da adeguare ad ospedali. Sono ospedali provvisori. Quindi avranno tutte le attenzioni e tutte le cautele di un ospedale, però saranno un po’ più spartani perché verranno smantellati alla fine dell’emergenza che ci auguriamo avvenga più rapidamente possibile. Effettuo di persona i sopralluoghi con il personale delle Asl e della protezione civile perché cerco di coinvolgere i sindaci. Hanno bisogno dell’aiuto delle amministrazioni per una rapida attuazione e per far capire alla popolazione quanto siano utili. Ho 20 giorni per eseguire queste strutture ospedaliere provvisorie nelle Asl toscane con un’attenzione maggiore all’Asl Centro (Firenze, Prato, Empoli, Pistoia): questa è l’area più popolata, con più positivi. Ecco perché la scelta di Prato (dopo una valutazione a Firenze degli ex ospedali di Camerata,Borgo Ognissanti , Monna Tessa, ndr). E secondo quanto annunciato dal presidente Giani non è esclusa una struttura di analoghe dimensioni sempre in questa Asl. Ma i posti letto di cure intermedie sono previste anche nell’Asl Nord ovest (la costa da Carrara all’Elba) e nella Sud est, in proporzione a popolazione e contagi».
Prato è una soluzione già decisa?
«Ne abbiamo discusso con il sindaco. E oggi dovrebbe essere in programma un ulteriore sopralluogo anche con il presidente Giani. Oltretutto si tratta di un immobile di proprietà della Regione».
Come vengono individuati questi “ospedali provvisori” di cure intermedie?
«Sono partita da un’analisi del patrimonio pubblico e poi prendo le segnalazioni dei sindaci. Ho chiamato i sindaci di Comuni con posizioni geografiche più interessanti, perché vicini all’uscita dei caselli dell’ autostrada, perché hanno strutture vicine a un grande ospedale, in posizione raggiungibile da più territori di una stessa Asl. Sto chiedendo ai sindaci di segnalarci immobili con queste caratteristiche e via via vado a vederli».
Quali caratteristiche hanno questi posti letto?
«Sono letti di cure intermedie Covid: possiamo sistemarci pazienti con casco per l’ossigenazione. Li vogliamo vicini agli ospedali perché, in caso di peggioramento del paziente, ci deve essere poca distanza per arrivare rapidamente alla terapia intensiva che deve stare dentro l’ospedale per motivi tecnici-organizzativi».
Quanto costa questa organizzazione?
«Per ora finanzia la Regione, ma il conto nell’emergenza si tira alla fine: dipende dai luoghi che troviamo. Quanto dobbiamo lavorare per adeguare le strutture. L’importante è trovare i 1500-2000 posti, una cifra di “precauzione”, con la quale ci mettiamo al sicuro: qualunque cosa succeda, noi con questi letti siamo pronti a reggere anche il picco massimo della pandemia».