Partono le prime denunce contro chi non manda i bambini a scuola
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A due mesi dalla prima campanella il 40% degli alunni cinesi è ancora assente. I presidi hanno inviato le segnalazioni al Comune, che ha coinvolto la Procura
PRATO. Una mail l’ha ricevuta ieri mattina, 11 novembre, Roberto Santagata, preside del comprensivo Puddu. Lettera scritta da un avvocato italiano per conto di una famiglia cinese. Si chiedeva di attivare la Dad, la didattica a distanza, per un alunno mai visto in classe alle elementari. No, non si può fare. Lezioni a distanza solo in caso di lockdown, provvedimenti di quarantena, categorie “fragili”. «Gli evasori dell’obbligo scolastico, in definitiva, si contano sul palmo della mano – racconta il preside del Puddu Roberto Santagata – C’è sempre stata una comunicazione con i genitori cinesi. Venti di loro, ad esempio, hanno deciso di avvalersi dell’educazione parentale».
La paura. A due mesi dal suono della prima campanella, il 40% di alunni cinesi non ha ancora frequentato un giorno di elementare e medie. Chi aveva, timidamente, preso coraggio alla fine di settembre ha poi cambiato idea quando l’Asl ha iniziato a mettere in quarantena le classi. Soltanto all’istituto Mascagni (San Paolo), il più frequentato dagli studenti di origine cinese, le classi in quarantena sono state 16 dal 14 settembre. «Sedici in quarantena, soprattutto alla primaria, su un totale però di 61 classi – puntualizza la preside Claudia Del Pace – Al momento quelle a casa sono cinque. La nota positiva è che, da quando sono entrati in servizio i medici scolastici, la comunicazione con l’ufficio igiene è diventata più veloce. Con loro l’interlocuzione è continua, anche nel fine settimana». A fine ottobre la preside Del Pace, come altri suoi colleghi, dopo ripetuti solleciti alle famiglie ha mandato al Comune le prime segnalazioni di evasione dell’obbligo scolastico.
Denunce alla Procura. È l’assessora alla pubblica istruzione Ilaria Santi a spiegare l’iter in caso di inadempienza dell’obbligo scolastico. «I presidi fanno segnalazione al gabinetto del sindaco, dopodiché la inoltriamo alla Procura e ai servizi sociali. Sono partite le prime denunce, come prevede la legge, per le assenze che si sono protratte per tanti giorni consecutivi. Fossero venti, trenta o cento, sono sempre tantissime quando si parla di abbandono scolastico. Domani avrò una riunione con i presidi anche per affrontare questo tema. Insieme all’assessore Mangani abbiamo fatto un costante monitoraggio della situazione con un’azione capillare nella comunità. Alcuni alunni sono rientrati effettivamente in classe».
Proteste per le mascherine. Anche le famiglie italiane danno il loro daffare ai dirigenti scolastici in questa fase delicata per il proseguimento delle lezioni. Fioccano lamentele per l’obbligo di mascherina al banco introdotto dall’ultimo Dpcm. Come quella di un genitore che ha scritto a Mario Battiato, preside del comprensivo Gandhi. «Mi ha “ingiunto” di disattendere la norma del Dpcm – racconta il dirigente – Meno male è arrivata la circolare di chiarimento del Miur che ha spazzato via ogni dubbio». Anche l’assessorato alla pubblica istruzione ha ricevuto più lettere di protesta da parte di mamme pronte a mobilitarsi con la minaccia di non portare più i figli a scuola. Scuole che, in questo momento a Prato, rappresentano i posti più sicuri grazie a protocolli stringenti, in primis il distanziamento, che finora hanno evitato l’insorgere di focolai come in altre zone d’Italia. «Oltretutto la presenza in classe degli studenti consente di tracciare i contatti stretti in caso di positività – ricorda Santi – cosa che sarebbe impossibile con la didattica a distanza alla quale sarò sempre contraria». Anche laddove non esiste distanziamento, la situazione è sotto controllo. Nidi e materne comunali, in questo momento, hanno solo due “bolle” in quarantena.