Mediterraneo. Sei migranti, tra cui un bambino, morti in un naufragio
Aveva solo sei mesi, veniva dalla Guinea e viaggiava con la mamma. Quando i volontari della Open Arms l’hanno strappato al mare era ancora vivo e per un po’ l’equipe di medici che si trova sulla nave della ong spagnola ha pensato davvero di avercela fatta, di essere riusciti a salvarlo. Poi le sue condizioni sono peggiorate improvvisamente e la motovedetta della Guardia costiera partita da Lampedusa per portare a terra lui e altri tre migranti è arrivata troppo tardi. «Avevamo chiesto per lui e per gli altri casi gravi un’evacuazione urgente da effettuare tra breve, ma non ce l’ha fatta ad aspettare. Siamo addolorati», è il messaggio scritto in serata dalla Open Arms».
Non avrebbe potuto avere epilogo peggiore del naufragio avvenuto ieri in acque internazionali al largo della città libica di Sabrata. Decine di teste tenute a galla dai giubbetti di salvataggio, il mare reso scuro dal maltempo e i volontari della Open Arms che si buttano in acqua per salvare il maggior numero di persone, a partire dai bambini che si trovavano sull’imbarcazione. Il bilancio è di sei morti, tra i quali un neonato di sei mesi. «Stiamo terminando il soccorso e l’equipe medica sta assistendo tutte le persone tratte in salvo», spiegava nel pomeriggio la ong spagnola. Solo due giorni fa l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ha invece denunciato un altro naufragio avvenuto sempre di fronte alle coste libiche in cui avrebbero perso la vita almeno 13 persone, tra le quali tre donne e un bambino.
Con le navi di quasi tutte le ong bloccate nei porti da fermi amministrativi, la Open Arms è l’unica ancora i grado di effettuare soccorsi nel mediterraneo centrale E questo naturalmente rende più difficile gli interventi di soccorso. Martedì la nave battente bandiera spagnola era già intervenuta i soccorso di un gommone con 85 persone tra le quali due donne incinte, che stava imbarcando acqua. Ieri a lanciare l’allarme è stato invece un aereo di Frontex, l’Agenzia di controllo delle frontiere europee, che a 30 miglia a nord della città di Sabrata ha avvistato un gommone in difficoltà con a bordo almeno 100 persone tra uomini, donne e bambini. «Quando siamo arrivati – l’imbarcazione si è letteralmente aperta, ha ceduto la parte inferiore. In mare ci sono un centinaio di persone, segnaliamo la presenza di molti bambini e di un neonato», ha spiegato la ong una volta giunta sul posto.
Le immagini diffuse da Open Arms mostrano decine e decine di migranti aggrappati a ai resti del gommone oppure a due galleggianti lanciati dai soccorritori, mentre altri si trovano più distanti dall’imbarcazione. «Stiamo operando da soli», ha spiegato il presidente di Open Arms Italia, Riccardo Gatti. «Possiamo contare solo sui nostri mezzi, che sono due lance rapide, e sei soccorritori».
«I migranti salvati sono in condizioni di salute precarie, alcuni critiche e i medici stanno lavorando per assisterli», spiega invece in serata Veronica Alfonsi, coordinatrice italiana di Open Arms. «Ancora non sappiamo quanti siano i dispersi in mare. Per ora si contano 5 morti, ma è un bilancio provvisorio». Viene richiesta l’evacuazione per almeno sei naufraghi, tra i quali il piccolo originario della Guinea, e la Guardia costiera invia d’urgenza da Lampedusa una motovedetta per trasferire a terra i casi più urgenti. Al momento sulla nave, che ha chiesto un porto dove dirigersi, si trovano 199 migranti.
Quella di ieri non l’unica emergenza presente nel mediterraneo centrale. Secondo quanto denunciato da Alarm Phone circa 275 migranti che si trovano a bordo di quattro imbarcazioni sono in attesa di soccorso. «Alla luce di quanto di questi tragici eventi – conclude Open Arms – non è più tollerabile assistere alle reiterate omissioni di soccorso da parte dei governi europei che, anziché predisporre un sistema strutturale di ricerca e soccorso, continuano a voltare i viso dall’altra parte fingendo di no vedere il cimitero che il Mediterraneo nasconde».
Sulla necessità di ripristinare i soccorsi si è detto d’accordo anche il presidente della commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, Erasmo Palazzotto (LeU). «E’ giunto il momento – ha detto – di liberare le navi della società civile e ripristinare un dispositivo di soccorso governativo nel Mediterraneo centrale»
* Fonte: Carlo Lania, il manifesto
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