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Il corridoio del terrore

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Il tunisino che ha colpito a Nizza ha utilizzato un percorso che parte da Lampedusa. Con una rete di complicità sfruttata
più volte da altri jihadisti.


Ha tappe obbligate agli estremi d'Italia il corridoio jihadista per colpire gli infedeli d'Europa: Lampedusa e Ventimiglia. Brahim Aouissaoui, il 21enne tagliagole di Nizza, è solo l'ultimo dei combattenti che l'ha percorso. Partito da Sfax, la città portuale tunisina che si è trasformata nell'hub degli scafisti trafficanti di esseri umani, e confuso tra i disperati che sognano un futuro migliore, è sbarcato nella piccola isola siciliana il 20 settembre. Ha viaggiato con altre nove persone su una barca di fortuna. Con in mente fisso il suo obiettivo: colpire la Francia.

Un'ossessione che si portava dietro da un paio d'anni, come prova la fotografia della Tour Eiffel pubblicata sul suo profilo Facebook il 7 maggio 2018. Ad accompagnarlo nel viaggio c'era un suo amico che l'intelligence italiana ha segnalato a volte come leader dei diritti omosessuali in Tunisia, e altre come integralista religioso: Ahmed Ben Amor, 29 anni, anche lui di Sfax.

L'Italia li ha accolti in un centro per migranti, li ha sfamati, fotosegnalati dopo un periodo di quarantena sul traghetto Rhapsody e poi lasciati a piede libero, a Bari, nonostante fossero clandestini. I due sono quindi tornati in Sicilia. Qui, sospettano gli investigatori, grazie a un'organizzazione che pianifica trasferimenti per stranieri nelle città del Nord Europa, sono riusciti a programmare il loro itinerario. In Francia Brahim e Ahmed si sono divisi. Il primo è andato a Nizza, dove il 29 ottobre ha colpito in chiesa subito dopo essere entrato in una moschea. Bilancio: tre vittime di religione cristiana. Il secondo è partito per Grasse, nel Sud della Francia, dov'è stato fermato dalla Gendarmerie nationale.

Ma la zona franca italiana è stata attraversata per raggiungere la Francia non solo da Brahim Aouissaoui: altri membri della sua rete hanno compiuto lo stesso percorso. La sera del 29 ottobre, sempre in Francia, è stato fermato Rabia Djelal, algerino, nato nel 1973. È stato identificato dopo aver analizzato i video registrati dalle telecamere di videosorveglianza di un quartiere di Nizza. Si è scoperto che era in compagnia dell'attentatore alla vigilia della strage. Djelal non era noto ai servizi segreti francesi. Ed era sconosciuto anche alle forze di polizia. Ma in Italia era stato controllato nel gennaio 2019 dai carabinieri di Bordighera.

Il 30 ottobre, invece, è stato fermato Slah Aboulkacem, tunisino come Brahim, nato nel 1987. Nell'aprile 2011 risultava residente a Fossato di Vico, in provincia di Perugia. Da dicembre dello stesso anno, invece, a Legnano (Milano), in via Liguria 40, stradone periferico con villette bifamiliari. Il 22 ottobre 2014 la Questura di Milano gli aveva rifiutato il permesso di soggiorno. Fino ad allora, però, aveva lasciato tracce: tra dicembre 2011 e ottobre 2013 era stato controllato dalla polizia a Gubbio, Legnano, Gallarate, Brignole (Ge) e nel novembre 2013 anche nel capoluogo lombardo insieme ad altri connazionali.

In un paio di occasioni era in compagnia di pregiudicati italiani. La mattina del 31 ottobre scorso, invece, è stato fermato Bassem Aboulkacem, 25 anni, cugino di Slah e suo coinquilino a Nizza. Nel giugno e nel dicembre 2018, e nell'agosto 2019, era stato controllato dall'Ufficio di polizia di frontiera di Genova.

Ma gli uomini della cerchia relazionale di Brahim identificati dall'intelligence italiana che si occupa di minaccia estera, l'Aise del generale Giovanni Caravelli, non sono finiti. C'è un altro tunisino di Sfax, si chiama Dà Ly. Le foto da lui stesso postate negli ultimi giorni hanno permesso di ricostruire le tappe di un viaggio che ricalca quello di Aouissaoui: 9 ottobre a Bari, 12 ottobre a Ventimiglia, 16 ottobre a Nizza, 21 ottobre a Monaco, 28 ottobre a Marsiglia. La pagina di Dà Ly contiene anche l'immagine di un'esplosione accompagnata da una frase: «Dove vai? In Paradiso». Parole che potrebbero avere un peso, se pronunciate da un estremista in cerca di un obiettivo su cui sfogare la rabbia. Così, secondo gli esperti, sono i nuovi attentatori: «Nichilisti del jihad».

Una frangia violenta che si muove come ultrà da stadio, ma brandendo il Corano. Si stima che possano essercene più di cento (forse 200) in Francia. Tutti passati per il tunnel del terrore italiano. Un percorso che risulta indisturbato ormai da anni. Nel 2018 l'Interpol aveva stilato una lista di nominativi con 50 sospetti foreign fighters tunisini, che si sosteneva fossero sbarcati clandestinamente tra luglio e ottobre 2017 in Sicilia, mimetizzati tra gli immigrati degli sbarchi fantasma.

Dalla politica, però, esponenti di spicco del centrosinistra, come Matteo Renzi e Paolo Gentiloni (ma non solo), hanno minimizzato, sostenendo a più riprese che quella dei terroristi sbarcati in Italia con i migranti era una bufala. E invece il percorso che dalla Sicilia sale verso l'Europa è stato utilizzato da molti.

A Lampedusa nel 2011 era sbarcato anche Anis Amri, il killer tunisino che cinque anni più tardi avrebbe compiuto con un camion la strage al mercatino di Natale a Berlino (12 morti e 56 feriti). Arrivato in Italia, aveva detto di essere minorenne e fu trasferito in un centro di accoglienza di Belpasso (Catania). Qui, il 20 ottobre 2011, diede fuoco alla struttura. Arrestato per minaccia aggravata, lesioni personali e incendio doloso, dall'Ucciardone finì a Enna. Poi il viaggio in Germania, con un decreto di espulsione in tasca. Fino al giorno del martirio.

Come Mohamed Lahouaiej Bouhlel, che sempre a Nizza, alla guida di un autocarro, il 14 luglio 2016, si lanciò sulla folla sulla Promenade des Anglais. Lo controllarono al confine di Ventimiglia mentre si trovava su un'auto con tre uomini, uno dei quali era finito in un dossier dell'intelligence sui combattenti siriani. Probabilmente pure lui era passato per Lampedusa.

Anche uno dei principali sospettati dell'attacco di Parigi nell'ex sede del settimanale Charlie Hebdo, Zaheer Hassan Mahmoud, ha lasciato tracce di un suo passaggio in Italia. Spin Ghul, nome di battaglia di Adam Harun, un nigeriano che ha combattuto in Afghanistan e in Africa, non ha fatto in tempo ad attraversare lo Stivale. Catturato in Libia nel 2005, fu rilasciato nel 2011 e imbarcato dai libici su un barcone di migranti diretto a Lampedusa. Una volta sbarcato, il qaedista fu smascherato dagli italiani, arrestato e processato ad Agrigento. Ma anche lui aveva Parigi come obiettivo.




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