Cresce il contagio tra il personale all’interno degli ospedali bellunesi
Dal primo settembre al 10 novembre sono stati 124 i positivi tra medici, infermieri, operatori socio sanitari e tecnici
BELLUNO.
Centoventiquattro operatori della sanità positivi negli ultimi due mesi. Sono questi i dati resi noti dall’Usl relativamente ai contagi all’interno delle strutture ospedaliere.
Nel periodo che va dal primo settembre al 10 novembre sono stati sottoposti al tampone 3.252 dipendenti, mentre i test eseguiti sono stati 11.481.
Da questi esami sono emersi i 124 positivi. Di questi 17 sono o medici, 32 operatori socio sanitari, 49 infermieri, 16 tecnici, 3 assistenti sociali, due amministrativi e altrettanti fisioterapisti e un medico di famiglia. Intanto, però 56 dipendenti si sono negativizzati e ora sono rimasti 68 positivi: 27 infermieri, 20 operatori socio sanitari, 9 tecnici, 5 medici, due assistenti sociali e altrettanti fisioterapisti e un ausilario.
Una situazione in continua evoluzione che rischia di crescere, visti i contagi che si registrano nel territorio. E di questo si dicono preoccupati i sindacati dei medici che vedono nella poca formazione ma anche nella programmazione errata che ha portato ad una riduzione del personale e dei posti letto, una delle cause di questo allarme. Un allarme che rischia di mandare in default gli ospedali.
«La situazione è in continuo peggioramento, i posti sono quelli che sono, la gestione è quella che è», dice critico il referente dell’Anaao, Luca Barutta che punta il dito contro la scarsa formazione del personale. «In generale il personale non è formato o lo è solo parzialmente e quindi non è protetto. Abbiamo più contagi adesso, rispetto al periodo di lockdown in cui non avevamo nemmeno i dispositivi di protezione».
Il sindacalista evidenzia che mentre a febbraio c’era un plateau fisso di positivi, «ora il personale viene contagiato quotidianamente e non nei reparti Covid, che paradossalmente risultano quelli più sicuri perché il personale sa come muoversi, ma nelle altre unità operative dove la formazione si è fatta con un video su youtube di qualche minuto. Quindi ha un bel dire il dg che l’Usl ha seguito tutto quello che la Regione gli ha detto di fare, in quanto a formazione: guardare un video, checchè se ne dica, non è fare formazione, specie in un campo delicato come quello medico e con un’emergenza in atto».
Per Barutta quindi «l’aumento dei contagi è da ricondurre alla scarsa e inadeguata formazione che riguarda perlopiù gli operatori che sono continuamente a contatto ravvicinato con i pazienti. Pazienti», sottolinea Barutta, «che entrano in alcuni reparti dopo aver fatto solo un tampone rapido che il più delle volte risulta negativo, salvo poi dopo qualche giorno essere ribaltato dal test molecolare. E così l’infezione si propaga», conclude Barutta che vede in un lockdown mirato la scelta migliore per contenere il contagio. «La sanità dovrebbe tornare statale e non regionale».
Per il referente della Cimo, Stefano Capelli, ex primario del Trasfusionale, la causa dell’attuale situazione critica registrata a Belluno è da ricondurre alla vita sociale che si svolge all’esterno degli ospedali, a cui si aggiunge un taglio lineare di posti letto anche nelle Terapie intensive, insieme con una riduzione del personale e ad una errata programmazione del reclutamento di alcune figure professionali. «Il Covid non ha fatto altro che far emergere una situazione già esplosiva», dice Capelli che sottolinea come «la formazione non s’impara su youtube, ma deve essere strutturata». —
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