[I dati] A Padova superato il picco di ricoveri di primavera. «Se non cambia, lockdown necessario»
PADOVA.
Nei giorni scorsi nell’Azienda Ospedale-Università di Padova si è raggiunto un numero di ricoveri che supera il picco registrato nella scorsa primavera: allora la punta massima di pazienti Covid ricoverati era stata di 150, oggi siamo arrivati a 175.
E no, non sono di più perché vengono ricoverati casi meno gravi. A sgomberare il campo da deduzioni superficiali è il direttore di Fisiopatologia respiratoria Andrea Vianello che al Covid fa la guerra da nove mesi nella trincea della Terapia Subintensiva.
Reparto che è stato potenziato nelle scorse settimane con la creazione nella Clinica medica diretta dal professor Roberto Vettor di una sezione ad alta intensità assistenziale che si sta rivelando strategica per ridurre il numero di pazienti che finiscono in Rianimazione. E con un ulteriore risvolto positivo per l’Azienda, ovvero la possibilità di continuare a garantire l’attività chirurgica ordinaria dal momento che c’è un buon numero di letti di Terapia intensiva a disposizione.
«In questa fase abbiamo seguito una filosofia che già la scorsa primavera si era rivelata efficace nell’assistenza ai pazienti Covid» sottolinea il professor Vianello, «rafforzando la Terapia subintensiva che ha 18 posti letto con ulteriori venti posti dedicati nella Clinica medica del professor Vettor all’alta intensità assistenziale. Diciamo che si tratta di uno step intermedio tra la Subintensiva e gli Infettivi, dove il paziente con maggior impegno respiratorio può ricevere supporto di ossigeno ma non ancora la ventilazione forzata. È una graduazione ulteriore che finora ha dimostrato di consentire una minore pressione sulla Rianimazione. Non a caso» rileva Vianello, «nella prima ondata avevamo 40 posti letto di Rianimazione Covid, oggi siamo a 18».
Ad aumentare è il numero complessivo di posti letto dedicati ai pazienti Covid, tanto che al terzo, settimo, ottavo e nono piano del Monoblocco, da giorni si aggiunto anche il decimo, con la Clinica medica del professor Paolo Simioni che si è unita al plotone anti-Covid.
«In Subintensiva abbiamo già avuto 50 pazienti» continua Vianello, «praticamente in un mese la metà di quelli che in primavera abbiamo visto in quattro mesi. L’età media si è abbassata, abbiamo anche un ragazzo di 23 anni, la fascia prevalente è fra i 55 e i 65 anni. La gravità del paziente quando entra in ospedale è la stessa di allora, non sono mutati i criteri ricovero. Anzi, semmai si va verso una restrizione dal momento che i posti iniziano a scarseggiare. Il fatto che ci sia una maggiore percentuale di pazienti giovani fa si che questi riescano a reagire meglio all’infezione».
Guarire dal Covid, tuttavia, non è sinonimo di “sana e robusta costituzione”: «Nell’ambulatorio Post Covid che abbiamo attivato, dedicato ai pazienti che sono guariti da polmonite da Covid, vediamo sequele importanti, anche oltre i tre mesi dalla guarigione. Almeno il 70% dei pazienti accusa ancora mancanza di respiro e le tac mostrano alterazioni. Per alcuni c’è margine di recupero ma per altri no».
L’autunno ancora timido è stato finora un buon alleato, ma la stagione più rigida è dietro l’angolo: «Già la scorsa settimana, nonostante questo clima mite, in Fisiopatologia respiratoria abbiamo avuto parecchi ricoveri per esacerbazioni di malattie respiratorie croniche, come enfisemi e bronchiti» fa notare Vianello, «anche se possiamo sperare che l’influenza sarà meno diffusa quest’anno, dobbiamo considerare che abbiamo cinque mesi di stagione fredda di fronte, una prospettiva inversa rispetto alla prima ondata quando si andava verso la bella stagione».
Per il professore siamo al punto di svolta: «Mi darei tempo ancora tre o quattro giorni al massimo per vedere se le misure assunte, assai blande, danno risultati rafforzando l’impressione che si possa essere arrivati a una stabilizzazione, altrimenti ritengo che un lockdown sia l’unica strada per frenare la circolazione del virus». —
