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Progetto, costi e guai: Tor di Valle frena. Tocca al Flaminio

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La lettera del Comune alla società proponente, Eurnova, che spiega come l’amministrazione – ieri per questo nel mirino delle opposizioni – non fosse "a conoscenza" di una procedura di pignoramento dei terreni di Tor di Valle che risale al 18 gennaio 2019, pare più un danno d’immagine che concreto, perché la cifra in questione è esigua (1,16 milioni) che – nonostante le ipoteche sui terreni per 42 milioni – non potrebbe frenare un investimento da un miliardo, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. Tra l’altro, nel giorno in cui il Comune spediva la lettera, il 13 ottobre, Unicredit e Vitek si accordavano per la cessione delle società di Parnasi – fra cui Eurnova, che detiene l’area stadio – al magnate ceco. Non basta. Il 18 dicembre ci sarà l’udienza per il pignoramento in questione: se Vitek pagasse la somma, si potrebbe sbloccare lo stallo, mentre un eventuale rinvio stopperebbe tutto. Ma i veri nodi della questione Tor di Valle sono due. Il primo è politico, visto che la maggioranza, nonostante le promesse della sindaca Raggi, non assicura la tenuta per il via libera. Il secondo riguarda la Roma, a cui il progetto non convince più per i costi, per la zona e per la filosofia (pre-Covid) che sottende. Così, se da un lato la soluzione Tor Vergata seduce coloro che pensano a una riqualificazione dell’area proprio come si voleva fare per "Roma 2024" (ma c’è anche qui un problema con l’Università relativo ai terreni), dall’altro prende quota il Flaminio. Certo, la legge varata per gli stadi con vincoli architettonici (decisiva per il progetto) può essere attaccata sulla costituzionalità, ma il club gradirebbe un impianto in centro, da ristrutturare in un paio d’anni, con una capienza di 45.000 posti e non spendendo più di 350 milioni, compresi gli scavi per i parcheggi (ma occhio a una necropoli presente nell’area). Possibile? Il Flaminio è di proprietà del Comune, che rischia la causa da parte della Roma per i tanti ritardi. E allora una soluzione potrebbe essere questa: il club rinuncia a chiedere i danni e ottiene dal Comune una concessione dell’impianto per 99 anni. Facile? No, anche perché l’area presenta rischi per l’ordine pubblico. Ma la politica, al solito, è l’arte del possibile.

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