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Elena Santarelli: «Il lavoro non retribuito della mamma»

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Elena Santarelli
Elena Santarelli
Elena Santarelli
Elena Santarelli

Le giornate di Elena Santarelli iniziano tutte le mattine alle 6.45, quando suona la sveglia. «Giacomo entra a scuola alle 8.15 quindi, considerando il traffico e il resto, non dobbiamo uscire di casa dopo le 8, è tutto calcolato. Mi sveglio presto per leggere i giornali, dare uno sguardo ai tg e anche per portare fuori il cane. È il famoso lavoro non retribuito della mamma» spiega Elena al telefono, appena uscita dal supermercato. Abituata com’è a controllare ogni cosa, era un po’ inevitabile che venisse scelta come madrina dell’iniziativa Home Safe Home – Casa sicura a misura di bambino, la campagna realizzata da Duracell, promotrice della tecnologia Baby Secure, insieme al Moige per sensibilizzare le famiglie sul tema della sicurezza domestica. Secondo un’indagine dell’Istituto Piepoli, circa l’82% dei genitori italiani ha figli che si sono fatti male in casa, e circa il 95% ha preso precauzioni per evitare qualsiasi tipo di incidente, dai classici paraspigoli alla messa in sicurezza di prodotti potenzialmente pericolosi come detersivi, medicinali e batterie. «Sono contenta di essere stata scelta dal Moige e da Duracell per la comunicazione che vogliono dare. Presto molta attenzione a tante cose, non solo alla salute, ma anche a quella domestica, ai piccoli incidenti» racconta Santarelli, madre di due figli, Giacomo e Greta.

Il tema della sicurezza in casa per i più piccoli è molto attuale in questo periodo in cui siamo tutti chiamati a uscire il meno possibile. Lei e i suoi figli come la vivete?
«Anche per via della malattia di mio figlio, siamo stati molto a casa negli ultimi anni. Abbiamo anche provato l’esperienza della mascherina quando Giacomo era in fase di immunodepressione per le terapie, quindi è stato un ritorno: quando doveva rindossarla, infatti, non ha fatto storie. Per il resto, vivo tutto con molta serenità, mi dispiace che i bambini possano non avere più momenti di convivialità con i coetanei, ma non mi lamento, c’è chi sta peggio. Se dobbiamo stare a casa, ci stiamo, è un sacrificio comune».

Cose nuove a cui si è dedicata in questi mesi?
«Cucino molto di più, però anche lì bisogna stare attenti, tra l’acqua bollente e le pentole: basta un gomito che le urta che succede di tutto».

Ai suoi figli pesano i sacrifici imposti dalla pandemia?
«I bambini in generale si adattano subito, sono molto più bravi di noi. La mattina, quando li porto a scuola, fa strano vederli in fila a fare i controlli, ma fa anche impressione notare quanto siano diligenti, molto più bravi a portare la mascherina e a mantenere la distanza degli adulti che vedo per la strada. A differenza di quello che dice De Luca, i bambini vogliono andare a scuola e non vogliono stare a casa. Almeno i miei».

Pensa che il vostro rapporto si sia rafforzato con la convivenza?
«Con Giacomo ho sempre avuto un rapporto non morboso, ma intenso. Abbiamo vissuto una parte importante della nostra vita che non dimenticheremo mai. Ogni sera mi dice “mamma ti amo”, e mi chiede se sarò nell’altra stanza qualora si svegliasse durante la notte: vuole sentirmi vicina, sono sempre stata un porto e sa che da me troverà solo sicurezza. Con Greta, invece, abbiamo scoperto che ama tantissimo impastare e darsi da fare in cucina. Giacomo, invece, ha scoperto che gli piace fare i disegni con la matita, ricalcare i fumetti. È successo durante il lockdown».

Il suo spirito, invece, com’è adesso? 
«La vivo giorno per giorno. In questo momento noi in Lazio siamo in zona gialla: se possiamo fare una passeggiata al mare rispettando le regole possiamo farla. Uscire per una passeggiata è qualcosa che fa bene non solo al cervello dei genitori ma anche a quello dei bambini, a condizione che si faccia in spazi molto ampi. Quando arriveranno le restrizioni, ci adegueremo e le seguiremo alla lettera come sempre».

(Foto in apertura di Roberta Krasnig)

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