Pavullo. Nonno Abramo compie 101 anni Fatto prigioniero in guerra scappò dalle fogne
PAVULLO
La carica dei 101anni non fa paura ad Abramo Manfredini. Nella sua casa a Renno continua come ha sempre fatto a badare all’orto, tenuto in maniera magnifica, alle sue dieci galline e qualche albero di frutta.
Il podere no, perchè non ha più la forza per seminare il frumento, per badare ai ciliegi e ai frutteti per cui era ed è famoso in tutta Pavullo. Lui, il mago degli innesti, non si è mai negato quando si è trattato di salvare o moltiplicare una pianta. Oggi è il suo compleanno e arriveranno solo due persone per una festa ridotta a causa del Covid, ma lui non cambierà le sue abitudini: appena fa luce andrà dalle galline.
Più che il bilancio di una vita sarà l’occasione dei ricordi di una vita spesso in pericolo ma dove il pezzo di terra a Pavullo, con il castello dei Montecuccoli sullo sfondo, è sempre stato il suo punto fermo.
«Mio suocero - racconta la nuora Elide Giovannelli che assieme al marito Gian Franco Manfredini lo va a trovare appena possibile - gode di buona salute, compatibilmente dall’età, e nessuno può impedirgli di badare all’orto o al pollaio. Ha una memoria di ferro, si tiene informato leggendo i giornali e guarda la tv, sempre pronto a discutere degli ultimi avvenimenti. È anche iscritto all’Anpi, l’associazione dei partigiani, perchè le sue esperienze di guerra lo hanno segnato profondamente».
Ad ascoltare il racconto della sua vita sembra di rivedere la trama di un film, eppure è stata la vita quotidiana per milioni di giovani italiani . È venuto al mondo un anno dopo la fine del primo conflitto mondiale e anche per lui non c’erano alternative a quello che il regime propagandava. «Fu arruolato il 4 febbraio 1940 e spedito subito in Libia come artigliere - continua la signora Elide - Dopo qualche mese venne rimandato per un breve periodo in Italia per tornare subito dopo al fronte, in Albania. Lì prese la malaria: fu un giovane medico che capì i sintomi lo curò con il chinino. Appena fu possibile lo imbarcarono per Bari. Poco tempo dopo era a casa ma i problemi di vista per la cheratite non lo abbandonarono più».
Per uno dei paradosso fu proprio la quasi cecità che gli permise prima di far servizio al campo di concentramento di Fossoli quando prima della resa dell’8 settembre del ’43 ospitava circa diecimila prigionieri inglesi. Poi, dopo il cambio di fronte dell’Italia che si era schierata con gli anglo-americani, fu fatto prigioniero dei tedeschi come quasi tutti i militari italiani. Ma lui, chiuso nella Cittadella, fu tra i primi cinque che riuscirono a evadere scappando dalle fogne, grazie all’aiuto di alcune donne che erano riusciti a passar loro la piantina con la via di fuga.
Erano di Pavullo e di Serramazzoni, tornarono tutti a casa. Dei due fratelli di Abramo uno non torno più dalla Russia e un altro si unì ai partigiani. Lui rimase a letto malato sino a fine guerra. E oggi?
«Ho lavorato una vita in campagna, sono contento - ripete Manfredini - La vecchiaia? Mio zio che portava il mio stesso nome è morto a 102 anni, mia madre a 96 e un altro zio a 98. Vivo come ho sempre fatto, sono sereno».
Oggi insieme alla torta arriveranno gli auguri dei figlia Gian Franco e Giuseppina, dei nipoti Simone, Alessandro, Chiara e dei tre pronipoti. —