Martino: "La Unahotels ha valori che il Covid non può aver cancellato"
REGGIO EMILIA. Spero che questo sia il primo passo verso una normalità che mi auguro possa arrivare il prima possibile, anche se immagino non nel breve tempo».
Di nuovo in pista, dopo quasi un mese dallo splendido successo su Brescia, il tecnico Antimo Martino trasmette tutto l’entusiasmo di ritrovarsi a bordo campo dopo la parentesi buia della malattia e il lungo isolamento domestico.
Come è stata la ripresa?
«Emozionante. Siamo tornati tutti insieme in palestra davvero con grandissima emozione. Se devo essere onesto la sensazione è stata quella del primo giorno di scuola, del primo giorno del raduno. Soprattutto il secondo giorno (martedì, ndr) quando si sono aggiunti anche gli ultimi giocatori risultati negativi (Diouf, Baldi Rossi e Bonacini, ndr). Ritrovarsi tutti insieme in palestra, staff e giocatori, dopo venti giorni è stato davvero qualcosa di molto bello. Chiaro che abbiamo avuto pochi giorni per preparare una partita dopo una lunga pausa. Una pausa forzata che ci ha condizionati anche dal punto di vista fisico».
Con che spirito la Unahotels entrerà stasera nell’arena di Pesaro?
«Ci piace pensare che la gioia e l’entusiasmo di tornare a fare ciò che ci piace, il nostro lavoro, possa sopperire a qualche energia in meno e a qualche giorno di allenamento in meno rispetto al normale. La notizia dei tamponi negativi (ieri è arrivato il risultato dell’esame richiesto da Lega e Fip 48 ore prima di ogni gara di campionato, ndr) naturalmente ci dà ancora più gioia ed entusiasmo. Non vediamo l’ora di tornare in campo, al di là di quello che abbiamo fatto, al di là delle difficoltà della partita. La difficoltà della sfida con Pesaro non è legata prettamente al discorso post Covid, perché Pesaro sta dimostrando di essere una squadra di qualità, allenata da un tecnico preparato che conosco bene. Repesa è stato infatti il primo allenatore con cui, da assistente, ho iniziato la mia carriera professionistica a Roma. Al di là di tutto questo, dovremo mettere in campo il nostro spirito, la nostra voglia di lottare tutti insieme e poi, come sempre, andremo a vedere alla fine quanto saremo stati bravi».
Cosa le ha lasciato un mostro sacro come Repesa? Ricorda un momento particolare di quella stagione?
«Ce ne sono tanti, in realtà. Parliamo di una persona molto intelligente con cui si può parlare di tante cose. Professionalmente una delle cose che ho più a cuore risale ai viaggi fatti insieme. Quell’anno giocavamo infatti in Eurolega ed eravamo sempre in viaggio. In aereo guardavamo tante partite assieme. Io materialmente gestivo il video ma lui mi aiutava a mettere attenzione su quello che avveniva in campo. Lui cercava di trasferire a un allenatore giovane, particolari che io per forza di cose vedevo in modo limitato rispetto a lui. Per me è stato un grande insegnamento».
Che opinione s’è fatto di Pesaro?
«È un team che gioca di sistema, che ama eseguire, che sa distribuire e leggere i vantaggi che il campo offre. È un team intelligente che trova forza nell’avere un buon mix fra giocatori esperti e giovani. È una squadra solida e l’ha dimostrato nel suo percorso. Dovremo essere bravi a non subire questa loro organizzazione e imporre quelle che sono le nostre qualità. Conoscendo molto bene Repesa sono consapevole che tatticamente proverà a rompere i nostri equilibri e i nostri punti di forza».
Cosa è legittimo aspettarsi dalla Unahotels dopo così pochi giorni di allenamento nelle gambe?
«Su questo c’è curiosità anche da parte mia e da parte del resto dello staff, perché non è facile sapere quale possa essere la reazione a uno sforzo fisico come quello della partita dopo una parentesi anomala. Non ci sono infatti precedenti di uno stop così prolungato. In primis c’è quindi curiosità per quello che sarà. In secondo luogo, e questo possiamo condizionarlo, è arrivare alla partita mentalmente carichi, preparati e con la voglia di dare tutto. Stasera (ieri sera, ndr) saremo in ritiro con la mentalità di dover fare tutto ciò che è necessario per arrivare pronti alla partita. Per quanto tempo le gambe ci sosterranno, lo scopriremo dopo. La cosa importante è esserci con la testa e provarci, al di là di come andrà poi la gara».
Il focolaio è scoppiato in un momento magico in cui la sua squadra inanellava ottime prestazioni e grandi risultati. Crede che la vostra corsa sarà compromessa dallo stop per il Covid?
«Dispiace perché quando è scoppiato tutto eravamo probabilmente la squadra più in forma del campionato assieme a Milano. E di questo ne sono molto convinto. Chiaro che ora dobbiamo lavorare per tornare al livello in cui eravamo prima di fermarci. Per fortuna dopo la trasferta a Pesaro ci sarà la pausa (il campionato riprenderà il week end del 5/6 dicembre per consentire l’attività delle squadre nazionali, ndr) che ci permetterà di lavorare insieme per dieci giorni e che ci darà la possibilità di tornare dove eravamo, chiaramente a condizione di metterci la stessa voglia e la stessa serietà. Questa squadra sin dal precampionato ha evidenziato valori che non abbiamo certo persi con venti giorni di Covid. Anzi, mi auguro che questo problema che ha colpito tutti, ci abbia compattato ancora di più e ci renda ancora più squadra di quello che eravamo prima».
Ripartite, ma non tutti i giocatori possno avere lo stesso livello di condizione fisica. Come cambieranno le rotazioni?
«Non tutti sono allo stesso livello perché non tutti hanno subìto i sintomi del Covid alla stessa maniera. Poi c’è anche una questione di caratteristiche personali: ci sono giocatori che per struttura muscolare e capacità aerobica hanno bisogno di meno tempo per entrare in forma rispetto ad altri. Sulla gestione è chiaro che in un momento del genere avremo bisogno di tutti e di distribuire le energie in campo. L’idea di base è di attingere anche dai più giovani. Non avere Blums e Cham non aiuta, ma dobbiamo percepire la fortuna di essere tornati in campo. Se questa ripresa riusciamo a farla coincidere con una vittoria, sarebbe qualcosa di magico».
Neppure lei è stato risparmiato dal contagio. Come ha vissuto i giorni della malattia?
«Come staff pensavamo di essercela cavata. Le nostre positività sono arrivate dopo rispetto ai giocatori. È un’esperienza molto forte in quanto va a condizionare la quotidianità e la condiziona anche a chi ti è vicino. Nei primi giorni ho avuto la febbre alta. Non stavo bene e questo deve far riflettere chi giudica i virus una semplice formalità. In alcuni casi lo è, ma il Covid sa anche essere molto aggressivo. Sono contento di averlo superato e sono contento che tutta la squadra l’abbia superato. È un’esperienza forte e come tutte le esperienze forti porta a riflettere e a dare molto valore alla quotidianità. Il fatto di non poter uscire di casa non è semplice, dover rinunciare alla propria quotidianità ne fa comprendere il valore. Sono rimasto per giorni in isolamento in una stanza e uscire di casa quando mi sono negativizzato è stato molto emozionante».