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A Montecatini i taxi sono fermi: in 10 ore due corse al massimo

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MONTECATINI. Scendono in pochi dai treni, non ci sono turisti, la stazione è vuota. Per i tassisti è un periodo nero, attraversarlo indenni è un'impresa. I ristori sono arrivati (due bonifici da 600 euro, più uno da mille) ma è come una mancia, spiccioli.

Viorel Breban, originario della Romania, da 30 anni in Italia e con la licenza dal 2007, in una mattina qualunque di novembre in epoca Covid studia uno spartito. Sta seduto sul sedile in pelle del suo Van a nove posti e legge le note, suona il sassofono contralto per passione. Il suo collega dello stallo accanto, che ha la precedenza casomai qualcuno bussasse al finestrino, scorre lo schermo dello smartphone e legge il giornale, ascolta la radio di tanto in tanto. L'auto è vuota, ferma, piazzata lì nello stesso posto dalle 9 di mattina. Non si è mai mossa, ed è quasi mezzogiorno. C'è il sole ed è l'unica cosa buona.

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«Faccio due corse al massimo in dieci ore, il calo è stato del 90 per cento, lavoriamo zero – dice – spesso stiamo a mattinate intere in attesa, seduti in auto».

In dieci anni di servizio a Montecatini mai numeri così bassi. «Quando andava male facevamo almeno cinque corse, ma quasi sempre arrivavamo a dieci o dodici – riprende – adesso mi è capitato di portare qualcuno a fare la spesa o delle commissioni varie. Ma con gli alberghi tutti chiusi per noi il lavoro è praticamente finito».

Delle 34 licenze attive in città, 29 sono riunite nel Consorzio Taxi. Per superare il momento, c'è un accordo tacito tra questi autisti: si va avanti cioè a turno, da una decina al massimo una quindicina di taxi operativi al giorno. Per provare a incassare qualcosa tutti, per sopravvivere. Già le postazioni sono ridotte: le auto bianche d'ordinanza si trovano alla stazione ferroviaria di piazza Italia, alla stazione piccola in centro, al quartier generale in piazza del Popolo. Sono vuoti «perché non c'è nessuno, e non da ora», gli stalli di fronte allo stabilimento Tettuccio e a Montecatini Alto.

Afferma Breban: «Se riusciamo a fare 20 o 30 euro al giorno è già tanto, e stiamo anche dieci ore sul nostro taxi. Vuol dire una corsa la mattina e una corsa il pomeriggio. In sostanza il lavoro non c'è».

Ci sono invece le limitazioni del Covid: capienza ridotta al 50%, mascherine obbligatorie, gel igienizzante da fornire ai clienti, sanificazione del veicolo a fine turno. Vuol dire che un'auto di normali dimensioni può far accomodare due persone, nel caso del monovolume di Breban si sale a 4, «con un sedile da lasciare vuoto tra i passeggeri».

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E le solite spese restano, a partire dai 150 euro l'anno che ogni tassista paga al Comune per aver garantito il posteggio delimitato in giallo e per assicurarsi l'uso del “gabbiotto” in piazza del Popolo, front office del servizio.

«Già un paio di mesi fa abbiamo scritto all'amministrazione per chiedere l'esenzione dal pagamento per quest'anno – aggiunge Breban – Il Comune non ci ha nemmeno risposto».

I taxi sono puliti, dotati di tutti i comfort, i loro autisti ammirano la livrea perché amano la propria auto. Vorrebbero guidare. Ma qui alla stazione non c'è nessuno, è un crocevia deserto. —




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