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Nuova ordinanza, tamponi per quasi settemila friulani: ecco perché la Regione ha rinunciato all'idea delle zone rosse

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UDINE. Nessuna zona rossa in Friuli Venezia Giulia – almeno per iniziativa della Regione visto che con i dati registrati la scorsa settimana il rischio che sia il Governo a declassare l’intero territorio venerdì è quantomai attuale –, ma un’operazione, pur decisamente in forma ridotta, modello Alto Adige con tamponi a tutti i residenti di sei piccoli Comuni: Paularo, Socchieve, Sutrio, Castelnovo, Claut e Dolegna del Collio.
 
PER APPROFONDIRE ​Cosa succede se il Friuli Venezia Giulia diventa zona rossa?
 
I vertici politici, guidati da Massimiliano Fedriga e Riccardo Riccardi, e sanitari, con in testa il professor Fabio Barbone a capo della task force regionale anti-Covid, hanno deciso di soprassedere alle ipotesi di applicazione di zona rossa, ventilate venerdì in conferenza stampa dagli stessi Fedriga e Barbone, per una serie di motivazioni. Ufficialmente, infatti, il concetto di zona rossa applicabile oggi, come previsto dall’ultimo Dpcm di Giuseppe Conte, non è quello che – per capirci – venne cucito addosso a Vo’ Euganeo in primavera con il territorio comunale sigillato dall’esercito.
 
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No, oggi alla Regione sarebbe stato consentito di applicare soltanto una sorta di zona rossa “soft” con la possibilità, per le persone, di uscire di casa per andare a lavorare, al supermercato, in farmacia oppure per quelli che vengono definiti come motivi di necessità (Scarica qui l'autocertificazione)
 
Il tutto senza dimenticare, poi, come i municipi giudicati maggiormente a rischio dai parametri presentati da Barbone sono, oggettivamente, spesso privi dei servizi essenziali con i residenti che, quindi, giocoforza sono costretti a uscire dal Comune. C’è di più, però, perché anche se a Palazzo su questo punto tutto tace, è innegabile che pure l’alzata di scudi dei primi cittadini possibilmente interessati dalla stretta abbia avuto il suo peso nella decisione di scartare l’ipotesi di zone rosse e applicare, in piccolo, quanto realizzato dalla Provincia di Bolzano.
 
Una decisione, questa, che – come è logico che sia – ha trovato l’immediato favore dei primi cittadini tanto che i sei interessati da questo screening iniziale dovrebbero essere presenti a Trieste, al fianco di Fedriga e Riccardi, nella conferenza stampa che illustrerà nei dettagli l’iniziativa regionale.
 
 
Che cosa succede nei sei comuni.
Parliamo di screening iniziale, inoltre, perché i test che dovrebbero scattare già da mercoledì riguarderanno ufficialmente 6 mila 657 persone – anche se saranno sicuramente meno visto che da questo numero vanno detratti gli iscritti Aire dei singoli municipi –, ma con 150 mila test rapidi a disposizione, quelli che verranno utilizzati in Friuli Venezia Giulia per gli esami, la giunta pare non avere intenzione di fermarsi a un’operazione di portata, oggettivamente, molto limitata. Da quello che si è appreso, infatti, l’intenzione è utilizzare i sei Comuni anche come una sorta di test tecnico per ampliare poi, dalla settimana successiva, lo screening a quelle località di dimensioni, e residenti, maggiori e sempre con il rapporto tra abitanti e positivi più elevato.
 
PER APPROFONDIRE: Non solo le grandi città, ecco quali sono i dieci comuni epicentro del contagio
 
Il tutto, tra l’altro, in attesa di capire come si muoverà il Governo nei prossimi giorni perché la spada di Damocle dell’ingresso in zona rossa da parte dell’intera regione è sempre attuale. La settimana, d’altronde, si è chiusa con il picco dei contagi da inizio pandemia e il superamento delle due barriere di occupazione da parte di malati Covid dei posti letto in Terapia intensiva – pari al 30% – e nei reparti di non emergenza – esattamente il 40% – rispetto al totale di quelli a disposizione in regione.
 
 
Numeri e trend che non confortano e che pongono il Friuli Venezia Giulia in una posizione di forte rischio per cui se le speranze di tornare immediatamente in zona gialla paiono del tutto tramontate, l’obiettivo, ora, è quello di riuscire a mantenere almeno la fascia arancione. In attesa del 3 dicembre e del nuovo Dpcm che potrebbe allargare le maglie delle libertà in tutta Italia con il punto di domanda tranne – si mormora – per le zone rosse



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