Si dice che ogni medaglia abbia due facce. Nello sci una appartiene all’atleta, l’altra al suo skiman. Il primo vince o perde, l’altro lavora sempre: motivatore e psicologo quando le cose non vanno; «porta borse» quando c’è da viaggiare per il mondo con chili di attrezzatura; assistente, consolatore, mamma, papà, insomma «famiglia» ogni volta che quella vera resta troppo lontano. Prendi Alberto e Lindsey: quanto sarebbero stati davvero i Tomba e Vonn che sappiamo senza i loro alter ego, Andrea Vianello e Heinz Haemmerle? È comprensibile ignorare questi nomi: sono i mister 1%, perché lo sci è uno sport individuale. Se vinci è merito tuo e ti ripetono che l’alfiere conta più del cavallo. Ci sono atleti come Manfred Moelgg che da anni si affida al fratello Michael, altri come il «clan» argentino Simari Birkner che si è equamente diviso in ski room la mamma (che cura gli sci per le figlie) e il papà (per il ragazzo).
In altri casi è questione di territorio, come Sofia Goggia, oro olimpico in Discesa libera nel 2018, che, da quest’anno, ha scelto un bergamasco come lei, il decano dello sci Barnaba Greppi che in pista ha trovato anche l’amore, sposando l’ex azzurra Bibiana Perez. Più di un paguro e del suo anemone, questa è una simbiosi. Non ha dubbi Thomas Tuti, da 22 anni skiman di punta di Head: «Eravamo una coppia fissa, ci capivamo con uno sguardo», racconta con ironia della sua liaison vittoriosa con Patrick Staudacher, oro mondiale in Supergigante nel 2007. «Litigavamo anche, ma lontani non stavamo bene». Non chiamatelo amore, ma fiducia. Che forse è pure di più. «L’atleta deve solo pensare a sciare, sta in una bolla». E tu gli danzi intorno, un ballo diverso a ogni stagione. Primavera ed estate vogliono dire quantità: test e selezione del materiale. Gli sci nuovi escono dalla fabbrica con la sola impronta della soletta. «Poi tocca a te», prosegue Tuti.
«Lavorare come una formichina per trovare i migliori: arrivi a conoscerli al primo tocco». Se sei più tecnologico sceglierai il forno per amalgamare attrezzo e sciolina, «cuocendo» ogni sci per ore in una specie di lettino a ultravioletti. Le lamine? C’è chi le fa sempre a mano, chi preferisce la tenuta delle macchinette, chi mixa a seconda che si tratti di uno slalom o di una prova veloce dove conta la scorrevolezza. Da una rosa di 50-70 paia, si scende a poche decine: ed ecco l’inverno, le ski room buie al sapore di fenolo e paraffina ricavate in antri e garage dei peggiori (o migliori) hotel delle alpi. «Dove non ti inventi nulla, ma lavori di qualità», dice Tuti, con la rifinitura a ogni utilizzo. Lamine, tuning, pulitura. Lima, squadra e spazzole sono un alfabeto che si scrive e si stende, sempre dalla punta alla coda. A parlare deve essere anche l’atleta: «Ci sono campioni che si accorgono se cambi il filo lamina di un millimetro», prosegue Tuti che ora lavora con le azzurre del brand di Johan Eliasch. «E altri che, pur vincenti, non sanno comunicare le loro sensazioni». Ne sa qualcosa Leo Mussi, che in scuderia ebbe Kristian Ghedina e Peter Runggaldier, il primo tutta potenza, l’altro quasi «un sensitivo». Per questo Atomic ha ingaggiato un ex big della velocità come Werner Heel come ponte fra azienda e atleti. Slittoni o principesse sul pisello?
«Le donne lavorano il doppio, ma sono più complesse, perfezioniste», aggiunge Mauro Sbardellotto, guru di Rossignol, che di regine ne ha portate tante alla vittoria. Deborah Compagnoni, per dire, «Sua sensibilità»: «Se stava bene, vinceva. Poi ho lavorato con una giovanissima Isolde Kostner, con Daniela Ceccarelli nel giorno fortunato dell’oro olimpico, nel 2002, con le sorelle Fanchini e oggi con Federica Brignone». Lei è la prima azzurra a portarsi a casa la Coppa del Mondo generale: «Somiglia a Deborah: precisa, esigente, capisce ogni dettaglio», spiega Sbardellotto. È qui che lo skiman si fa anche sarto su misura: «Non esiste un solo sci giusto per ogni campione, dipende dalla giornata, dalla gara e dalla neve: tu lo devi capire prima che l’atleta te lo chieda», spiega …
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Nella foto in alto: lo skiman Mauro Sbardellotto con Federica Brignone, prima italiana a vincere nel 2020 la Coppa del Mondo generale di sci alpino.
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