Vertice a Roma per decidere l’inizio della stagione sciistica
CORTINA. Inutile illudersi. Le piste non apriranno per Natale ma per l’Epifania. Arno Kompatscher, presidente della Provincia di Bolzano, si sente costretto a posticipare, dopo aver attivato una zona rossa con lo scopo di riuscire a contenere la diffusione del virus.
«È ancora prematuro parlare di stagione sciistica. Noi speriamo che nel mese di gennaio possa anche riiniziare questa attività – ha dichiarato domenica –, ma tutto dipenderà dall’andamento epidemiologico e dalla nostra disciplina nell’osservare le regole e ovviamente anche dalla situazione nelle altre regioni italiane e negli altri paesi europei. Senza turisti non ci può essere turismo».
«Pensiamo alle famiglie in difficoltà e poi a turisti e settimane bianche: ad oggi è prematuro dare una data per l’apertura della stagione invernale e quindi dello sci» ha aggiunto il presidente. Cominciano a pensarla così in tanti, come il sindaco di Firenze o il ministro Azzolina.
Di quale sia il comune sentire si rende ben conto Valeria Ghezzi, presidente nazionale di Anef, l’associazione degli impiantisti, che con realismo ha infatti anticipato: «Si consideri che quando si avvia una stagione gli impiantisti hanno sulle spalle il 70% dei costi. E l’attività da inizio stagione al 6 gennaio vale un terzo di tutto il fatturato di un anno. Quindi, se, come ipotizziamo, l’apertura sarà posticipata a gennaio, ci aspettiamo una forte riduzione. Non solo. Immaginiamo che l’apertura avvenga in contemporanea a quella delle scuole (che francamente mi auguro ancora prima degli impianti), sfido quelle famiglie che, dopo mesi di chiusura delle scuole, preferiscano per i loro figli le settimane bianche al tempo prezioso della scuola».
«La prima cosa che noi operatori esigiamo in questo momento – puntualizza Sergio Pra, di Alleghe Funivie – è avere un minimo di certezze. Non possiamo navigare a vista, pardon fabbricare la neve senza avere una data di riferimento». Data che non si sa se oggi arriverà.
Questa mattina ci sarà la seduta della Conferenza Stato-Regioni che licenzierà anche la bozza delle linee guida per il Comitato tecnico scientifico. La bozza prevede l’obbligo della mascherina, portata anche sotto la fascia scaldacollo, e che ovunque venga “assicurato il distanziamento interpersonale di un metro in tutte le fasi precedenti il trasporto” degli sciatori: “Il distanziamento si applica anche a nuclei familiari, conviventi e congiunti”, ad eccezione dei soggetti che necessitano di accompagnamento (come i bambini nel caso delle seggiovie) o di assistenza (per esempio i non vedenti). Misure rigide da rispettare anche per i gestori degli impianti di risalita, che “dovranno garantire l’organizzazione e la gestione dei flussi e delle code, l’applicazione di misure per il mantenimento del distanziamento”, anche con cartelli che segnalano le regole.
L’apreski, e quindi lo svago al di fuori delle piste con aperitivi e spuntini, è “consentito solo con posti a sedere nel rispetto delle regole già definite nei protocolli sulla ristorazione e pubblici esercizi”.
Nel documento “si suggerisce di prevedere dei sistemi di informazione a valle che comunichino ai turisti che nelle strutture in quota potrà non essere assicurata l’accoglienza laddove sia stata raggiunta la massima capienza dei locali” .
Riguardo agli skipass sarà necessario “limitare il numero massimo di presenze giornaliere mediante l’introduzione di un tetto massimo di skipass giornalieri vendibili, determinato in base alle caratteristiche della stazione/area/comprensorio sciistico” . —
Francesco Dal Mas