Aifa: la regìa del governatore del Veneto nella staffetta Mantoan-Palù
PADOVA. Tutti gli uomini del presidente. Se la stagione dell’epidemia ha accresciuto il ruolo della conferenza delle Regioni - divenuta a tutti gli effetti una forza di governo in grado di condizionare il potere centrale - a spiccare nel riassetto degli equilibri politici è il Veneto di Luca Zaia, front runner nell’innovazione sanitaria e capace, a dispetto di una maggioranza romana avversa, di collocare figure fiduciarie nei gangli cruciali del welfare.
La mossa del ministro speranza
Un obiettivo perseguito senza clamori, frutto delle relazioni trasversali coltivate dal governatore leghista e del prestigio personale dei prescelti. Esemplare, in tal senso, è la vicenda di Domenico Mantoan, per un decennio top manager della sanità nostrana e ora approdato alla direzione di Agenas, l’agenzia-braccio operativo del dicastero retto dal “rosso” Roberto Speranza. Che incurante della casacca d’appartenenza e degli strali scagliati dal M5S, ha cooptato il vicentino, conferendogli ampi poteri di gestione nell’emergenza Covid. Una mossa a sorpresa, ligia ai criteri di competenza e ispirata - si apprende - da un influente Richelieu, il capo di gabinetto ministeriale Goffredo Zaccardi; già consigliere di Stato, vicino alla sinistra Leu, il fiorentino mantiene da tempo, e nella totale discrezione, un rapporto amicale con l’ambizioso Mantoan.
Asse rossoverde con Bonaccini
Quest’ultimo, en passant, ha esercitato fino a ieri la carica di presidente di Aifa, l’Agenzia nazionale del farmaco, ottenuta grazie all’asse Zaia-Bonaccini. L’intesa profonda tra il leghista e il collega dem dell’Emilia Romagna è ormai segreto di Pulcinella. «Stefano è bravo... », il refrain abituale a Palazzo Balbi, culminato nel (vano) tentativo di mantenere il sodale alla presidenza di una conferenza delle regioni ormai a schiacciante prevalenza del centrodestra. Non divaghiamo: alla fine di ottobre, il Luca-pigliatutto ha contattato Mantoan ventilandogli l’eventualità di una rinuncia al timone di Aifa a beneficio del virologo Giorgio Palù, personalità di spicco dell’università patavina e consulente del comitato tecnico-scientifico istituito a Venezia. «Potrà svolgere un lavoro prezioso in vista della campagna vaccinale di massa che ci attende a gennaio, è l’uomo giusto al posto giusto», l’argomentazione. Accolta di buon grado dal manager nonostante la compatibilità dell’incarico in ballo rispetto ad Agenas. Qualche obiezione l’ha espressa invece Speranza, favorevole alla permanenza del collaboratore ma infine “ammansito” da una moral suasion congiunta della citata coppia rossoverde.
Russo nel comitato di Arcuri
Triangolazioni, già. Come quella intercorsa tra lo stesso ministro, il commissario straordinario Domenico Arcuri e l’ineffabile Zaia, che ha consentito l’ingresso nel “comitato strategico vaccinale” di Francesca Russo, la direttrice del dipartimento prevenzione del Veneto che a gennaio stilò il piano tamponi” liquidato come «una baggianata» da Andrea Crisanti. Nell’occasione il governatore evitò lo scontro diretto, limitandosi alla difesa istituzionale della collaboratrice; non così Palù, lesto a definire « zanzarologo» lo scienziato rivale. Parole e atteggiamenti che hanno lasciato il segno.
quella diplomazia parallela
È una diplomazia parallela, sì, che ai caporioni di partito privilegia i grand commis. Fonda sul pragmatismo, condivide obiettivi e insofferenze. Perché la salute non ha prezzo ma calamita un potere primario. —
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