Sessanta anziani positivi a “La Quiete”: allestito un reparto Covid. E nel 2021 rette più care di 50 cent al giorno
UDINE. Anche alla residenza protetta per anziani “La Quiete” è stato allestito un reparto Covid. Sono una sessantina, al momento, gli ospiti risultati positivi e quindi due “nuclei” della struttura di via Sant’Agostino sono stati messi in isolamento.
Una misura necessaria per contenere il contagio e garantire la miglior assistenza a chi ha contratto il coronavirus tutelando nel contempo gli altri ospiti, come spiega il direttore sanitario, Salvatore Guarneri.
«Tra Natale e Capodanno ci siamo trovati ad affrontare una situazione difficile con una trentina di operatori positivi - spiega - e questo ha comportato un grosso sforzo sia organizzativo che operativo perché molti lavoratori sono stati costretti a fare turni impegnativi saltando anche le ferie per far fronte alla situazione. Anche perché reperire nuovo personale è molto complicato».
Fino allo scorso novembre, mettendo in atto tutta una serie di procedure, nessuno degli ospiti era stato contagiato tanto che in molti hanno parlato di “modello Quiete” e un sindacato (il Nursind) ha anche chiesto che venisse replicato in tutte le case di cura per anziani.
Mentre la stragrande maggioranza di ospedali, case di riposo, comunità ecclesiastiche, istituti per disabili, residenze assistenziali, si trovava a dover fare i conti con focolai di coronavirus, la più grande struttura per l’assistenza agli anziani del Friuli Venezia Giulia, con circa 450 ospiti e 420 operatori (medici, infermieri, oss, fisioterapisti, animatori, oltre al personale al lavoro con appalti esterni come quello delle cucine, delle pulizie, della lavanderia e gli operai) era quasi riuscita a tenere fuori la pandemia.
Ma con l’ultimo balzo della curva il numero dei contagi è cresciuto anche in via Sant’Agostino. «Dall’inizio della pandemia sono deceduti dieci ospiti risultati positivi al Covid - riferisce Guarneri - anche se è sempre difficile stabilire quale sia la causa della morte quando si tratta di persone che si trovano già in gravi condizioni, ma speriamo di non avere altri casi e contiamo presto di poter far uscire dall’isolamento gli ammalati. Una quindicina si sono negativizzati e troveranno posto in un altro nucleo dove saranno possibili le visite».
Per far fronte alla pandemia, fino a novembre il bilancio de La Quiete aveva registrato un incremento dei costi superiore ai 300 mila euro.
«E quest’anno riteniamo che saranno ancora maggiori», prevede Guarneri. Non a caso il nuovo cda presieduto da Alberto Bertossi ha votato all’unanimità un aumento delle rette di 50 centesimi al giorno il che si traduce in un incremento annuo di 150 euro per le famiglie.
«Non potevamo fare altrimenti - spiega Bertossi - anche perché c’è stato un incremento dei costi a causa dell’emergenza sanitaria. Se la situazione dovesse migliorare nulla ci vieta poi di ridurle, ma al momento le condizioni economiche non ce lo consentono». La residenza per anziani ha un fatturato di circa 17 milioni e ha chiuso il bilancio del 2019 con un avanzo di oltre 600 mila euro mentre la retta mensile è mediamente di 2.100 euro.
Nell’ordine del giorno delle prossime riunioni il cda dovrà inserire anche la nomina del direttore sanitario. Dopo 11 anni alla guida de “La Quiete” la conferma di Guarneri non appare scontata. Alcune forze politiche di maggioranza e opposizione sarebbero favorevoli a un rinnovamento, ma al momento Bertossi non intende affrontare la questione.
«Faremo con calma tutte le valutazioni del caso - assicura -, ma il primo nodo da risolvere è la nomina di un revisore. Di certo non baseremo la nostra decisione sulle chiacchiere». Non è nemmeno escluso che il cda (che dovrebbe individuare il direttore entro 45 giorni dalla nomina) decida di ricorrere a un bando per poter prendere in considerazione più candidature senza escludere nemmeno la conferma di Guarneri che è tra i principali artefici del “modello Quiete”.
Ma su cosa si basa questo modello? «Tutti i nostri operatori - spiega il direttore - seguono delle procedure ben precise che prevedono il lavaggio delle mani e il distanziamento, oltre a indossare le mascherine Ffp2». C’è poi uno screening particolarmente accurato.
«Ogni giorno sottoponiamo a test rapidi tutto il personale e in 15 minuti otteniamo una risposta - continua Guarneri -: se c’è un positivo viene sottoposto al tampone molecolare che comunque viene effettuato per tutti ogni due settimane.
Inoltre ogni tre settimane eseguiamo anche ecografie ai polmoni, in modo da individuare tra i lavoratori chi, asintomatico, potrebbe essere sfuggito al primo filtro del tampone». E in caso di positività i nuclei dove hanno prestato servizio vengono isolati e sottoposti a tampone. —
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