«Pochi gli infermieri nel Bellunese? Facciamo rientrare le rsa nella sanità pubblica»
BELLUNO. «Siamo ad un passo dal collasso del sistema, è prioritaria la riforma del sistema socio sanitario. Bisogna rivedere i modelli di assistenza che non possono essere legati soltanto all’ultima parte della vita di una persona. Anche il malato cronico deve essere preso in carico prima dai servizi domiciliari e poi dai centri servizi. Ma per fare ciò, è necessario che tutto rientri nel servizio sanitario. Le stesse case di riposo vanno inserite all’interno di un’ottica diversa».
Il presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche, Luigi Pais De Mori dice la sua sulla carenza di personale, soprattutto infermieri, nelle case di riposo e pensa a un modello pubblico anche per loro: «Il nodo del personale sta facendo morire le case di riposo. Questo problema era già stato denunciato una decina di anni fa da ordine e dal sindacato, ma non si è fatto nulla e ora siamo al collasso. Togliamo le rsa dal sistema privatistico facendole rientrare in quello pubblico della sanità. Certo, ci vorranno molti soldi per il bilancio sanitario, ma si possono trovare, magari con la compartecipazione del cittadino».
Pais De Mori è critico con la Regione: «Nessuno in questi anni ha avuto il coraggio di prendere in mano la situazione e trovare una soluzione. Ora è venuto il momento di sedersi a un tavolo per discuterne tutti insieme e risolvere la cosa. Non si può attendere».
Sulla necessità di intervenire subito, senza perdere tempo, si dicono convinti anche Marianna Pasini della Uil Fpl e Mario De Boni della Cisl Fp. «Non si possono lasciare le rsa senza infermieri», dice De Boni, «l’unica soluzione è che l’Usl assuma gli infermieri e poi li faccia lavorare nelle rsa, fino a quando i centri servizio non troveranno nuovo personale. Non vedo altre alternative, visto che la programmazione universitaria è inadeguata. Poi si dovranno potenziare i corsi universitari per formare più infermieri, perché il bisogno nel territorio è maggiore rispetto agli studenti iscritti».
Dello stesso avviso Pasini, che punta sul miglioramento dei contratti da parte delle rsa nei confronti dei professionisti che vi lavorano. «Soltanto se gli stipendi saranno adeguati e accattivanti si potranno attirare queste figure nelle rsa. Asca è partita con questi contratti, ma la risposta non è stata grande cosa. Quindi a maggior ragione serve ragionare su degli incentivi».
Ma anche queste misure potrebbero non essere sufficienti, visto che sul mercato di infermieri ce ne sono pochissimi. «Negli anni in cui ce n’erano tanti, ce li siamo fatti scappare all’estero, dove sono meglio remunerati e più valorizzati. E poi molti di loro scelgono dove lavorare, in base a valutazioni non solo economiche, ma anche guardando alle esigenze della famiglia».
L’altro ieri intanto, si è svolto un incontro tra l’Usl e le rsa su questo tema. Per l’azienda l’unica cosa da fare per andare incontro ai centri servizio è quello di ritardare il trasferimento verso gli ospedali dei lavoratori che accetteranno di restare per qualche tempo nella struttura per anziani. «In Asca i tre infermieri hanno già dato la disponibilità a rimanere per un certo tempo», dice Maria Chiara Santin, a capo dell’azienda agordina. «Da parte mia ho fatto presente che va cavalcata l’accelerazione per la formazione dei super oss o o operatori socio sanitari specializzati ( Osss). La mia esperienza come dirigente dell’azienda feltrina, dove li ho introdotti molti anni fa (a Feltre, Lentiai e Cesio) è assolutamente positiva». La proposta però non piace al presidente dell’Ordine degli infermieri, Pais de Mori che avverte: «Sono figure che non possono eseguire i compiti degli infermieri quindi le case di riposo stiano attente a fare qualcosa di illegittimo». —