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Январь
2021

“Un passo dal cielo” da dietro le quinte, ecco cosa succede

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PIEVE DI CADORE. «L’arte è sperimentazione», Antonio Fundone lo ha sempre sostenuto. E si sperimenta cogliendo ogni opportunità, anche quella di fare l’attrezzista sulle scene della serie televisiva «Un passo dal cielo».

Un’esperienza da cui è anche nata poi una mostra di foto e quadri presso la libreria Tarantola a Belluno. «Ero tornato da poco da un viaggio in Messico e Guatemala» spiega Fundone, artista di Pieve di Cadore, classe 1981 «avevo lavorato in un bar che poi aveva chiuso causa Covid-19; allora mi ero messo a consegnare a domicilio il sushi. Poi mi è stato proposto questo lavoro, e nemmeno sapevo cosa doveva fare in concreto un attrezzista».

Cosa?

«Sostanzialmente mantenere integre le scene, occuparsi di tutti quegli oggetti comuni che rendono una ripresa realistica, togliere e mettere gli elementi necessari agli attori. Ad esempio, se un protagonista deve fare una telefonata, ci vuole una persona, in quel caso io, che prepara il cellulare, lo porge all’attore al momento opportuno, lo riprende a scena finita e ne risponde fino a quando lo restituisce alla produzione. Per cui hai una lista di cose da usare al meglio».

Come è stato contattato?

«Un ragazzo che si occupava di sistemare il set, mancando un attrezzista che doveva venire da Roma ed ha avuto un contrattempo, mi ha chiamato; ho fatto un giorno di prova e mi hanno confermato dopo aver constatato che ero abbastanza sveglio».

Quanto tempo ha lavorato?

«Tutto il mese di luglio, poi agosto e settembre».

Dove avete girato?

«C’erano due troupe, una con i protagonisti e una con gli attori di secondo piano. Una quarantina in tutto, oltre alle comparse. Io sono stato assegnato alla troupe dei protagonisti ed abbiamo girato alle 5 Torri, in una baita in legno costruita appositamente per le scene, poi a Valle, Borca, Cortina, Auronzo».

Che esperienza è stata?

«Molto bella ed interessante. All’inizio ero un po’ prevenuto, pensavo che gli attori fossero personaggi snob, che si trattasse di un mondo artificioso. Invece ho trovato un ambiente molto rilassato, gran rispetto unito alla richiesta della massima professionalità. Sono gentili, ma si aspettano che tu faccia al meglio il tuo lavoro perché se si inceppa un ingranaggio del meccanismo la scena non si fa. Regole chiare, dunque, ad iniziare dagli orari».

Che erano?

«Alle volte si girava dalle sei di mattina fino a sera inoltrata. Anche 10 ore di set, oltre agli spostamenti».

Qualche aneddoto?

«Una mattina si doveva girare una scena all’aperto proprio alle sei di mattina e l’attore è andato in crisi, forse a causa della bassa temperatura, e faceva fatica a respirare. Allora l’ho accompagnato vicino ad un albero e gli ho suggerito alcuni esercizi di respirazione fino a ritrovare la calma ed abbiamo ripreso a girare. Ne è nata una bella amicizia e ci sentiamo ancora. E poi ho anche girato una scena come comparsa».

È cambiato il suo modo di guardare un film?

«Senza dubbio. Una sequenza, ad esempio, con il protagonista che si muove in varie stanze di una casa, prevede in effetti 7/8 riprese, nel corso delle quali non solo cambia l’inquadratura e la posizione della telecamera, ma anche quella di tutti coloro che si muovono sul set. Devi essere invisibile ed efficiente».

È stata anche l’occasione per scattare delle foto?

«Sì, anche se quelle scattate con gli attori non posso pubblicarle per una clausola di riservatezza, almeno fino alla trasmissione della serie. Le altre invece adesso sono in mostra, insieme ad alcuni miei quadri, presso la libreria Tarantola». —




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