La direttrice dell'Ufficio scolastico regionale: «Riaprire in questa situazione era un rischio troppo grosso»
L’intervista
«Le ragioni sono squisitamente di ordine sanitario, non didattico od organizzativo» sostiene la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale, Carmela Palumbo, nel motivare l’ordinanza della Regione, che fissa al primo febbraio il ritorno in aula degli studenti veneti delle superiori. La scuola rimane un luogo sicuro; ma pur sempre, per natura, un luogo di assembramento.
Perché questa ulteriore sospensione della didattica in presenza?
«L’ordinanza regionale è cristallina, i motivi si leggono nei dati scientifici, nella curva dei contagi nella nostra regione. Con queste cifre, non si poteva pensare a un ritorno in presenza. I contagi sono alti e la curva non scende: era necessario individuare tutte le situazioni in cui ridurre le occasioni di contagio. Ma la scuola prosegue con la didattica mista».
C’è la possibilità che il piano sia esteso agli studenti più giovani?
«No, i ragazzi di scuole per l’infanzia, primarie e medie torneranno totalmente il presenza da domani. È un punto su cui ci siamo confrontati specificamente con la Regione».
Perché gli insegnanti delle superiori devono continuare ad andare a scuola?
«Non è una decisione dell’Usr, ma è una scelta in capo ai singoli presidi. Ufficio scolastico e Ministero danno indicazioni di carattere ampio. Certo va considerata la tenuta della rete scolastica. Perché, se tutti i docenti fanno lezioni dalle aule, è possibile che si verifichi un sovraccarico che impedisce il buon svolgimento della didattica a distanza»
Le scuole rimarranno aperte in alcune situazioni?
«Per le attività laboratoriali e per gli studenti disabili, che devono essere seguiti in presenza».
La scuola continua a essere un luogo sicuro?
«Sì, nel senso che la scuola è un luogo in cui i contagi non corrono più che altrove. Il problema è che le superiori, in Veneto, mobilitano 213 mila studenti, più gli insegnanti, più le famiglie, che sono comunque coinvolte».
Il piano trasporti sarà cestinato?
«Assolutamente no. È solo “congelato”, pronto a tornare utile dal primo febbraio. È un lavoro tarato sull’ipotesi di rientro con il 75% degli studenti, con mezzi di trasporto al 50% della loro capacità. Abbiamo predisposto 704 corse aggiuntive, con il servizio di 214 steward: personale di terra anti assembramento, per la salita e la discesa dai mezzi».
Dal primo febbraio, quindi, si ritorna di sicuro?
«Il nostro intento è questo: riaprire il primo febbraio e non chiudere fino al 5 giugno. Certo, perché questo avvenga è necessario che la circolazione del virus sia molto bassa. La curva dei contagi deve calare in modo significativo e consistente. Se la circolazione del virus rimane alta, il sistema salta, e la scuola diventa tra le principali sedi di circolazione del virus. Sul nodo trasporti, siamo riusciti a ottenere un piano definito e, a mio avviso, efficace. Questa chiusura ci consentirà di affinare ancora meglio gli aspetti operativi. Nel mondo della scuola, negli ultimi tempi avevo percepito una certa preoccupazione. Non si fa buona didattica se le persone sono impaurite».
Si chiede che la prossima riapertura sia definitiva…
«Sono d’accordo, perché la scuola non ne può più di “apri-chiudi”. Sarà necessario trovare un punto di equilibrio, quando i contagi si saranno abbassati e il contact tracing potrà quindi essere più rapido ed efficace. Il nostro obiettivo è di lavorare con la prospettiva della fine dell’anno scolastico».
Secondo uno studio di Save the children, in Italia ci sarebbero almeno 34 mila studenti delle superiori a rischio dispersione scolastica. È un tema, per il Veneto?
«Meno che in altre regioni. A livello nazionale, il fenomeno di dispersione scolastica è nettamente calato, raggiungendo ora una media del 14.5%; a livello regione, la percentuale oscilla intorno all’8-9%. Bisogna capire come viene concepita la didattica a distanza. Se è considerata un optional, allora è un pericolo per i ragazzi più svogliati e più fragili. Se le scuole, nonostante le lezioni da remoto, riescono a controllare che gli studenti siano connessi, studino, facciano i compiti e rispondano alle esercitazioni, allora il rischio si attenuta molto. Come sempre, il tema è la qualità con cui vengono affrontate le cose, perché una presenza fatta male genera dispersione scolastica».
Com’è la situazione della rete e della disponibilità dei device in Veneto?
«Tra gli studenti delle superiori siamo messi piuttosto bene. Da marzo, le scuole hanno lavorato molto, ricevendo parecchi finanziamenti da parte del Governo, con la fornitura di computer ai ragazzi, di giga e con il potenziamento delle reti scolastiche». —