Medici e infermieri sono in burn out (stress lavorativo): «Richieste d’aiuto ai nostri psicologi»
TREVISO. Medici e infermieri sfiancati da stress e sindromi depressive chiedono aiuto al Consultorio Familiare del Centro della Famiglia di Treviso. «Benché ci siano servizi interni all’Usl dedicati a prevenire il burn out in tempi di forte pressione, molti sono i professionisti della sanità che hanno bussato alle nostre porte», spiegano gli operatori della struttura diretta da Adriano Bordignon, specializzata nel fornire supporto a singoli, coppie, famiglie che attraversano momenti difficili.
Le paure
La diffusione della pandemia, la paura di morire, le problematiche relazionali, educative ed anche economiche hanno fatto registrare un aumento di accessi passati dai 2100 del 2019 ai 2500 dell’anno appena trascorso. Tenendo conto che nei periodi di lockdow il servizio in presenza è stato congelato lasciando aperto il supporto on line. L’aumento di domande testimonia un profondo malessere e la richiesta impellente di aiuto anche da chi opera in prima linea come medici, infermieri, tecnici sanitari che si trovano schiacciati da pressioni fortissime sul fronte emotivo oltre che lavorativo.
Uomini e donne con famiglie alle spalle, per cui alla paura del contagio personale si aggiunge quello di portare il virus tra le mura di casa, nonostante le precauzioni e i presidi di prevenzione adottati con cura. Nell’inconscio lavora il senso di colpa di chi sopravvive alla morte o quello legato al non essere riusciti a fare abbastanza.
La ricerca
Trasversale alle categorie lavorative e all’età cresce per tutti l’insonnia, ostilità e rabbia, somatizzazioni mentre soffre la capacità di comunicare e la speranza nel futuro. In questo panorama complesso, il Consultorio di via San Nicolò offre la visione di un microcosmo variegato ed è per questo che il Centro di valutazione statistica ha condotto una ricerca sintetica eppure significativa su 131 nuovi soggetti che hanno usufruito di supporto psicologico nei tempi critici della seconda ondata Covid, quella più insidiosa e subdola poiché giunta quando la gente sperava di essere uscita dal tunnel.
«Abbiamo distribuito dei questionari per capire il vissuto delle persone e delle coppie elaborando i dati in modo scientifico», spiega lo psicologo ed esperto di statistica Francesco Carotenuto. Il trimestre in questione va da settembre a novembre 2020 con riferimento allo stesso periodo del 2019, «Abbiamo scelto di guardare anche a giugno-agosto 2020 in cui le persone pensavano di tornare alla normalità».
Entrando nel dettaglio della ricerca il primo grafico manifesta un aumento della paura di intimità affettiva, emotiva e fisica, insieme al calo della soddisfazione di vita: la prima sale da 31 a 37 per cento, il secondo scende da 38 a 31. Il distanziamento sociale diventa allontanamento emotivo mentre l’incertezza nel futuro mina l’equilibrio anche all’interno delle coppie, che non riescono più a comunicare.
Le famiglie cedono
Eppure le famiglie finora avevano tenuto duro, manifestando – come spiega Bordignon – una straordinaria capacità di resilienza, intesa come capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Ciò che preoccupa sono i disturbi psicologici che emergono soprattutto tra settembre e novembre e non sono diminuiti neppure d’estate: i disturbi del sonno più che raddoppiati (da 20 a 47%), triplicata l’ansia (in generale e quella fobica del contagio) che arriva al 51%; cresce l’ostilità dovuta a rabbia repressa o a conflitti già esistenti, fino a quel momento sotto controllo.
Raddoppiano pure le somatizzazioni di chi manifesta nel corpo le sofferenza dell’anima (da 24 a 45%). In una condizione dove risulta difficilissimo controllare qualsiasi cosa, travolti dalla confusione, dalle notizie contraddittorie e dai decreti multicolori, raddoppiano i sintomi ossessivo-compulsivi (da 21 a 45%).
L’ultima sezione dei questionari riguarda l’alessitimia ovvero una condizione di ridotta consapevolezza emotiva e l’incapacità nel riconoscere e descrivere le emozioni in se stessi e negli altri. In altre parole un diffuso appiattimento emotivo che coinvolge il 36,75 per cento degli intervistati (30,06 il dato 2019).
E se le conseguenze di tutta questa pressione le vedremo chiaramente solo in futuro, certo è che due categorie risultano soffrire più di altre secondo la psicologa e psicoterapeuta Veronica Gallo: i giovani privati di contatti relazioni fondamentali per la crescita e gli anziani che non riescono o non vogliono chiedere aiuto. Impacciati nell’uso delle tecnologie e abituati a far da sé, fanno i conti con un nemico invisibile, vivono isolati, difficili da agganciare. —