È morto Gabriele Vezzani uno degli ultimi intellettuali
REGGIO EMILIA. Una telefonata dall’ospedale, ieri mattina, ha avvisato la moglie e i figli che Gabriele Vezzani non c’era più. Aveva 74 anni e dal 27 dicembre era ricoverato, anche lui vittima della malattia che sta tenendo sospeso il mondo.
Il dottor Gabriele Vezzani rappresentava in sé la figura dell’intellettuale, dell’uomo che metteva la propria conoscenza (nel suo caso enorme) a beneficio della collettività. Forse uno degli ultimi intellettuali che rimanevano a Reggio, aveva fatto del sapere il suo terreno di conquista.
Laureato in medicina all’università di Modena, si era subito “misurato con il territorio” (come si diceva una volta) nel ruolo di medico di base, in un ambulatorio a Codemondo e poi in via Emilia all’Angelo. In seguito, e quella fu la svolta decisiva della sua vita, si formò come psicoterapeuta, esercitando questa professione fino agli ultimissimi tempi, anche se la salute aveva cominciato a creargli diversi problemi già prima della pandemia. All'inizio lo studio era in via Toschi, la stessa sede scelta anche dalla moglie Paola Mazza, come lui psicoterapeuta. Poi passò in via Donizetti e infine lo studio trovò una dislocazione definitiva nella bellissima cornice di Coviolo.
La sua collocazione politica era sempre stata chiara fin dalla gioventù, ai tempi del liceo: Gabriele Vezzani stava a sinistra. Il suo essere intellettuale gli imponeva di spendersi in prima persona. Già da giovane diede il via a un’avventura che non si è praticamente mai esaurita. Come riferì in un suo saggio pubblicato dalla Gazzetta, era proprio il 1968 quando da studente di medicina entrò per la prima volta al San Lazzaro, che ancora poteva chiamarsi a tutti gli effetti manicomio. Potè constatare il degrado umano che nascondeva, consapevolezza che lo portò a combattere in prima persona per l’abbattimento di tutte le barriere che impediscono la piena espressione dell’uomo. Anche in questo senso il suo lavoro di psicoterapeuta giocò un ruolo fondamentale.
La politica lo vide diventare assessore provinciale, negli anni Settanta, quando la giunta era guidata da Vittorio Parenti. Si occupò di sanità e di ambiente, in un’epoca in cui quest’ultimo campo di azione era un territorio ancora tutto da scoprire. Dismesse le cariche pubbliche, la politica non smise comunque mai di fare parte della sua vita; seguiva tutti gli avvenimenti locali e nazionali con grande attenzione, mai rimanendo indietro rispetto agli avvenimenti, a volte anche con la tentazione di prendere pubblicamente posizione, conscio di poter avere comunque un peso nelle questioni reggiane.
Visitare la sua biblioteca significava passare di sorpresa in sorpresa. Germanista di raffinata competenza, era in grado di impossessarsi dei testi originali dei grandi maestri della letteratura e della scienza del Nord Europa. A cominciare da quelli di Freud, del quale nel suo studio campeggiava una grande immagine. Ma non c’era solo la psicanalisi. I suoi libri parlavano di tanta narrativa e anche di tanta musica, della quale era un ottimo conoscitore. Non a caso, alcuni anni fa venne invitato a tenere una conferenza nella biblioteca dell’istituto Peri, sul tema del legame fra musica e pazzia. Solo un piccolo esempio dei suoi infiniti lasciti di intellettuale.
Al momento, non è stato possibile fissare una data per il funerale, che dovrà fare i conti con la pandemia. Ieri l’amministrazione provinciale ha espresso il proprio cordoglio ma è tutta la città a ritrovarsi più indifesa, privata di una delle sue menti migliori. —
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