Crisi di governo, così hanno votato i senatori friulani: sì di Cerno, no della Destra
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Il giornalista cambia idea, sostiene Conte e rientra nel partito «senza tessera». Via libera da Patuanelli e Rojc. Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia contro il premier
UDINE. La linea del Piave del centrodestra ha tenuto, almeno per il momento. Nessuno degli eletti al Senato nel blocco conservatore, in Friuli Venezia Giulia, ha garantito il proprio sostegno, martedì 19 gennaio, al Governo di Giuseppe Conte. Diverso, invece, il discorso di Tommaso Cerno, friulano eletto a Milano, che dopo aver cambiato idea in seguito – ha sostenuto – al discorso pronunciato da Giuseppe Conte alla Camera, ieri ha confermato il suo voto a favore del premier annunciando anche il ritorno nelle fila del Pd in cui è stato eletto nel 2018 e che aveva poi abbandonato, in aperta polemica, per entrare nel gruppo Misto.
«Torno al Pd, da indipendente e senza tessera – ha spiegato ieri il giornalista nei corridoi di palazzo Madama – e voto molto convintamente la fiducia al Governo. Il discorso di Conte è importante perchè pone, oltre all’urgenza del Paese, un chiarimento politico che non c’era stato neanche nel primo Governo. Ha posto i paletti dell’alleanza come paletti culturali e come obiettivo di una sinistra capace di allargarsi e cambiare il Paese partendo da Pd e M5s. Una visione che credo sia giusta per il centrosinistra di domani. In questo contesto partecipo alla partita di allargamento del grande fronte democratico dal Pd».
COSI' HANNO VOTATO I SENATORI DEL FVG
Se Cerno, dunque, ha deciso di iscriversi al gruppo di coloro che hanno accolto l’appello di Conte, dopo settimane in cui non aveva lesinato critiche al presidente del Consiglio, non ci sono mai stati dubbi sulle posizioni dei due eletti del centrosinistra alle elezioni tre anni fa. Sarebbe stato fantapolitica, d’altronde, pensare che uno come Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico del Conte bis, non sostenesse l’esecutivo giallorosso, e lo stesso discorso vale per la dem Tatjana Rojc che però ha chiesto maggiore attenzione per la minoranza slovena di cui espressione.
«Le parole di Conte – ha spiegato – aprono prospettive rilevanti per la minoranza slovena, che chiede di ricevere concretamente l’attenzione annunciata: giace sul tappeto la questione della tutela della rappresentanza al Parlamento italiano e la nuova legge elettorale dovrà tenerne conto. Il taglio dei parlamentari, che non ho mai votato, rende infatti estremamente difficile la presenza di parlamentare espressione della minoranza slovena, che va invece resa possibile. Confido perciò che il mio voto a favore del Governo possa essere utile a tutto il Paese e ai cittadini italiani di lingua slovena».
Sul fronte opposto, quindi, il “no” all’esecutivo è stato di fatto totale. Alla fine, infatti, anche la forzista Laura Stabile ha votato contro Conte. Il medico triestino, d’altronde, aveva già chiarito sul proprio profilo Facebook la sua intenzione di non abbandonare la coalizione nonostante in tanti – tra i sussurri di Palazzo – la descrivessero come una di coloro tentate di sostenere l’attuale esecutivo. Non è stato così, ovviamente, per Luca Ciriani – capogruppo di Fratelli d’Italia a palazzo Madama che ha ribadito di non pensare che esistono «uomini per tutte le stagioni» accusando Conte di aver «umiliato il Parlamento» – e nemmeno per il compagno di partito di Stabile, cioè Franco Dal Mas che ha scelto parole certamente non al miele per il premier. «Più che rivolgersi a europeisti, liberisti, socialisti – ha detto il senatore pordenonese – mi è sembrato che Conte si sia rivolto a una manciata di reclute per provare ad allargare la sua maggioranza che ha perso per strada quel partito in cui milita Renzi che l’ha voluto nuovamente premier. L’invito che gli rivolge Forza Italia è quello di compiere un passo indietro nella consapevolezza che, comunque, può essere sempre pronto un innesco per fare brillare questo debolissimo esecutivo».
Chiare, infine, le posizioni sul no dei leghisti Fioramaria Marin e di Mario Pittoni. «Credo che Conte possa reggere – ha sintetizzato l’eletto udinese – finché è coperto dal Capo dello Stato, ma basterà mezza parola, se non oggi tra una settimana o fra un mese, di Sergio Mattarella per farlo crollare come un castello di carta. Il centrodestra è compatto e pronto a governare, ma siamo nelle mani del Quirinale».