Sparisce un macchinario, preside e prof del Malignani incolpano un tecnico: condannati per calunnia
UDINE. Era stato accusato del furto di un macchinario scolastico, ma il pm aveva chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione del procedimento. Nel frattempo, era stato anche sanzionato con 5 giorni di sospensione dal servizio, ma il giudice del lavoro, il 14 dicembre scorso, ha annullato il provvedimento disciplinare, dichiarandolo illegittimo.
E consolidando in lui, Danilo Canciani, un assistente tecnico oggi in pensione, la certezza di trovarsi dalla parte della ragione. Due mesi prima, infatti, la rivincita era arrivata in sede penale, con la condanna di chi, pur sapendolo innocente, non aveva esitato a denunciarlo: Andrea Carletti, dirigente scolastico dell’istituto Malignani, dove lavorava, e Michele Cantarutti, insegnante e sovrintendente del laboratorio della scuola. Ritenendoli colpevoli di calunnia, il gup di Udine, Mariarosa Persico, ha inflitto loro 1 anno e 1 mese di reclusione (pena sospesa con la condizionale) e fissato in 15 mila euro il risarcimento dei danni.
«La responsabilità degli imputati è provata oltre il ragionevole dubbio», scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza depositata in questi giorni. Celebrato con rito abbreviato, il processo avrebbe infatti dimostrato il dolo e, con esso, anche il movente che spinse Cantarutti, il 6 novembre 2017, a segnalare al dirigente lo smantellamento e la sparizione da un’officina di una vecchia apparecchiatura per la saldatura, e Carletti, il 26 febbraio 2018, a inviare alla Procura la relativa notizia di reato. In entrambi i casi, nulla fu detto e scritto rispetto alla rivendicata proprietà del bene.
Ossia che i pezzi assemblati per realizzare quel macchinario appartenevano al tecnico e che erano stati introdotti nell’istituto cinque anni prima, con il consenso degli allora dirigenti. Finché, inutilizzato da un paio d’anni e non in regola con la normativa anti infortunistica, Canciani aveva deciso di smontarlo.
Elementi di cui gli imputati sarebbero stati a conoscenza e che, tuttavia, «in maniera sorprendente e ingiustificabile», avrebbero taciuto. A monte, secondo il gup, «l’avversione nutrita a quel tempo» verso il tecnico. Era stato lui stesso, difeso sia nel penale che nel civile dall’avvocato Stefano Castiglione, a ipotizzare «finalità ritorsive», per le rivendicazioni economiche avanzate al dirigente per attività esterne svolte dal Malignani per conto terzi.
Tutt’altra la versione fornita dalle difese degli imputati. L’avvocato Aldo Scalettaris ha osservato come Cantarutti avesse parlato semplicemente di una «irreperibilità» del materiale, cioè di «cose perfettamente vere», e ha ricordato come, nel mezzo tra la sua segnalazione e la denuncia penale, ci fossero state le risultanze dell’indagine disciplinare. Nessuna azione «di concerto» con Carletti, insomma. Preside che, con l’avvocato Federico Plaino, ha a sua volta ribadito la convizione di avere operato bene, essendosi limitato a trasferire all’autorità giudiziaria quanto accertato nel corso del procedimento disciplinare.
«Procedimento – ha precisato – che è stato successivamente annullato, ma sulla base di elementi emersi davanti al giudice del lavoro e di cui il preside non era a conoscenza». Nell’escludere qualsiasi motivo di rancore nei confronti del tecnico, che neppure conosceva, l’avvocato Plaino ha sottolineato infine come le pretese retributive che sarebbero state all’origine delle presunte tensioni siano state rigettate dallo stesso giudice del lavoro. Scontati gli appelli.
Si dice soddisfatto, invece, l’avvocato Castiglione. «Entrambe le segnalazioni sono apparse francamente “maliziose” – ha affermato –, perché era noto a chiunque frequentasse i laboratori che i materiali erano di proprietà del mio assistito. Che a sua volta lo aveva chiarito in sede disciplinare».