Coronavirus, le smentite con le gambe corte
No, non lo facciamo per dire “noi l’avevamo detto”, perché i lettori sanno bene che quanto scritto giovedì 18 febbraio era vero, certificato e verificabile. Quel giorno il titolo di apertura in prima pagina era “Toscana: allarme contagi” ed era seguito da un sommario che chiariva: “Dilagano le varianti, la Regione pensa a zone rosse locali”. Ovviamente non ci eravamo inventati niente, a pagina 2 (e sul nostro sito) c’era un servizio ben documentato con i dati forniti dai tecnici regionali e commentati dall’assessore alla Sanità, Simone Bezzini.
«Non è escluso che nei prossimi giorni saremo costretti a varare nuove misure più restrittive rispetto alla zona arancione», dichiarava l’assessore.
Pistoia era già la provincia messa peggio delle altre, con dati in crescita esponenziale. E fuori dalle edicole la nostra locandina avvertiva: «Rischio zona rossa in provincia». Bene, quel giorno ci fu una sorta di attacco bipartisan neanche tanto strisciante a questo giornale. Da una parte i vertici della Regione (centrosinistra), dall’altra sindaco ed esponenti della maggioranza del Comune di Pistoia (centrodestra). Certo, la preoccupazione per le tensioni economiche è comprensibile. Per un presidente di Regione o per un sindaco è sempre complesso coniugare esigenze sanitarie ed economiche. Ma titolo di prima pagina, servizio di pagina 2 e locandina sono stati al centro di un’ingiustificata e irresponsabile crociata che ha portato a negare l’evidenza e ha dato la stura a una sorta di assalto social al nostro giornale. Da Palazzo Panciatichi è partito un fuoco di sbarramento mediatico per escludere il ricorso a zone rosse, annacquato da riferimenti più generici sul piano territoriale. L’Asl di Pistoia, proprio quel giovedì, ha invece inviato un comunicato per dire che la situazione era «tranquilla» e a sostegno di questa tesi ha fatto girare numeri forvianti, spalmati su tutto l’anno. Il sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi (centrodestra), nel frattempo ha fatto chiamare figure legate all’amministrazione comunale per una sorta di diktat: «Non parlate più con Il Tirreno». Manovra peraltro non riuscita. La redazione pistoiese del nostro giornale ha proseguito l’opera di approfondimento. Così sul giornale di domenica 21 ha pubblicato i numeri reali e certificati dei casi di Covid e ha mandato nelle edicole questa locandina: «Contagi: i numeri comune per comune. L’esperto. “Dati da lockdown”» (qui l'articolo).
Nel frattempo, a Firenze già da settimane andava in scena uno scontro fra il vertice politico e i tecnici (ne abbiamo doviziosamente riferito nella nostra edizione di ieri) che ha fatto perdere tempo prezioso nelle decisioni da prendere. La seconda locandina pistoiese e il servizio su cui si basava hanno scatenato una scia di offese e minacce sui social, culminate con il post choc di Roberto Ricotti: «Ci vorrebbe un bell’attentato alla sede de “Il Tirreno”, con tanto di morti e feriti...». Quello che, insieme con altre minacce e offese, ha provocato un’ondata di solidarietà verso il nostro giornale e una querela nei confronti di Ricotti.
Prima di Ricotti, fra gli altri, era intervenuto, anche un consigliere comunale pistoiese di Fratelli d’Italia, Gabriele Sgueglia: «La “variante” più odiosa del Covid a Pistoia sono i giornali e i politici che fanno terrorismo psicologico per vendere qualche copia o raccattare qualche voto. Vergogna!». Ecco, ovviamente da parte nostra non c’è alcuna vergogna. Solo l’orgoglio di fare bene questo mestiere e la volontà di mettere in fila i fatti. Le minacce e le offese nascono anche dalle mistificazioni della politica, la peggior politica. Quella delle Tribù degli Adoranti del capo di turno che, come nel caso di Pistoia, inquinano i pozzi della convivenza civile.
Insieme con minacce e offese diciamo basta anche a questo clima da caccia alle streghe verso chi informa. Le smentite con le gambe corte non fanno mai molta strada. —
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