Caso Fregolent, Da Re reclama congresso e segretario: «Lega senza timoniere»
L’europarlamentare dà ragione a Gobbo: «Siamo commissariati da troppo tempo e così succedono casi come i bonus»
TREVISO. Vuoi vedere che a pagare non sarà la senatrice Sonia Fregolent, che ha chiesto il bonus, ma il sindaco Mirco Villanova che l’ha concesso (anche al suo vice e a un assessore)? È questo infatti l’orientamento che sta maturando nel direttorio regionale della Lega, presieduto dal giovane commissario Alberto Stefani, parlamentare come l’ex sindaca di Sernaglia.
La colpa di Villanova? Quella di aver informato direttamente o indirettamente nei giornali, creando grave scandalo – così si dice, ma è solo un eufemismo – nella base leghista, prima ancora che all’interno del partito di Salvini. Salvini, appunto, non Zaia. Si noti la distinzione. C’è pressing sul commissario provinciale della Lega, Gianangelo Bof, e su quello veneto, Stefani appunto, affinché non si ritardino misure severe qualora la senatrice Fregolent non si sospenda dal partito e magari anche non dia le dimissioni dal Parlamento.
Nessuno vuol metterci la faccia, al riguardo, ma negli ultimi due giorni c’è un rincorrersi di sollecitazioni, un pressing politico e al tempo stesso psicologico affinché Matteo Salvini non si comporti con la parlamentare in modo diverso da come si è comportato con l’ex vicepresidente Forcolin e il consigliere regionale Barbisan.
Ecco perché Gian Paolo Gobbo, tra i fondatori della Liga veneta, è sceso in campo, lamentando che il partito sostanzialmente non c’è, se succedono cose come un bonus comunale da 240 euro per il centro estivo del figlio chiesto da una parlamentare che, ogni mese, ne guadagna 14 mila.
«Sono puntualmente d’accordo, ancora una volta, con Gian Paolo. E so che lo sono molti dirigenti e ancor più numerosi militanti», afferma l’europarlamentare Gianantonio Da Re, ex segretario provinciale e pure regionale della Lega, «Il problema è che da chissà quanti anni non si fanno i congressi e che la Lega procede di commissariamento in commissariamento. Ma se un movimento, un partito non salvaguarda la democrazia interna attraverso lo strumento elettorale, la partecipazione resta sospesa. Vogliamo i segretari. Pretendiamo i nuovi gruppi dirigenti». Prende fiato, Da Re, e poi aggiunge, soppesando le parole: «Stiamo diventando come Forza Italia, dove ben sappiamo come avvengono le nomine della nomenklatura».
Ancora un attimo di sospensione del pensiero e l’ex segretario nathionàl sospira, amareggiato: «Cosi matura la transizione tra la Lega e il partito di Salvini». È in questo clima di assai poca trasparenza che, secondo Da Re, possono maturare anche comportamenti improvvidi, così poco etici, oltre che censurabili sul piano politico, come quelli di chi ha chiesto i bonus. Non ci sono punti di riferimento stringenti. La vicenda Fregolent rischia di essere la goccia che fa traboccare il vaso che era già colmo per la mancata nomina di sottosegretari veneti, in particolare proprio nella Lega.
Non nasconde il proprio disagio Mario Conte, sindaco di Treviso e presidente dell’Anci. «Se il Veneto conta così poco, mi pare all’interno un po’ di tutti i partiti, una riflessione va fatta. Peraltro senza attaccare le persone che possono essere coinvolte nei momenti decisionali. È davvero preoccupante l’assenza di viceministri. E lo dico da amministratore. Io sono concentrato nella mia missione di sindaco e di presidente dell’Anci. Non ho tempo di occuparmi di politica. So che il momento è complicato ma è evidente che qualcosa di più dobbiamo fare».
È al livello regionale che ora la Lega della Marca guarda. Con apprensione per le (non) decisioni che saranno prese. Risulta che il commissario Alberto Stefani, dopo la bufera seguita alla delusione per i sottosegretari, consiglia prudenza nell’analisi del caso-Sernaglia, nell’individuazione delle responsabilità, nella considerazione delle possibili ricadute. La preoccupazione di queste ore è di capire come i comportamenti siano diventati di pubblico dominio.
Il sindaco di Sernaglia si sente sotto processo politico. E si domanda perché proprio a lui vengano attribuite le indiscrezioni sul caso. «La base è infuriata», afferma un esponente storico del Carroccio, che frequenta i circoli, «Se chi ha sbagliato non pagherà, subito, la reazione non mancherà. E, in ogni caso, avanti con i congressi, con i nuovi gruppi dirigenti». —