Terza ondata in Veneto, forte aumento dei ricoveri. Boom di sessantenni nelle terapie intensive
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Il dottor Rosi lancia l’allarme: c’è di nuovo il rischio di bloccare le chirurgie e i punti nascita per garantire le rianimazioni
VENEZIA. L’ultimo paradosso del Covid? Con la primavera e il sole l’Rt è sceso a 0,96 e l’incidenza dei contagi a 168 su 100 mila abitanti e quindi il Veneto in teoria ha requisiti da zona gialla. Liberi tutti? Negozi e bar pronti a riaprire? No. La nota di ottimismo si scontra con il bollettino ospedaliero che segnala la ripresa dei ricoveri con 1.957 malati nei reparti non critici e altri 319 (dati delle 17 di mercoledì) nelle terapie intensive, che si sommano a 264 “intubati” per altre patologie.
Uno scenario che preoccupa, perché a giudizio del presidente Luca Zaia e del dottor Paolo Rosi, coordinatore regionale del Suem, c’è il rischio di tornare ai livelli di dicembre, quando si raggiunse il picco massimo con 401 “intensivi” Covid.
L’emergenza non è affatto finita e sotto accusa finiscono i cattivi comportamenti di massa: le grigliate all’aperto in giardino, sugli argini e in collina, i pranzi pasquali poco in sintonia con la quaresima e il droplet: quando si trascura l’igiene delle mani e la mascherina diventa un optional il contagio dilaga. Come interpretare la ripresa dei ricoveri? Il Veneto si trova con 659 letti occupati sui 1.018 disponibili e se non si arresta il trend nel giro di 8-10 giorni si sale a 370-380 rianimazioni Covid con un carico di lavoro disumano per gli anestesisti egli infermieri, costretti a sollevare e girare di peso i malati nei loro letti più volte al giorno.
«Bisogna tenere alta la guardia, l’unico dato positivo è il calo della mortalità scesa dal 43 al 35 per cento in rianimazione. L’altro segnale importante riguarda gli over ottanta, che non sono più la categoria più a rischio, dato che le vaccinazioni degli anziani nelle Rsa si sono concluse. Da un paio di settimane sono crollati sia i decessi che i ricoveri degli ottantenni, che hanno pagato il tributo più pesante in questi 13 mesi di pandemia» ha spiegato il dottor Rosi nel tg web di Marghera.
«La classe d’età più a rischio oggi è scesa tra i 60-70 anni con il boom dei ricoveri, mentre gli over 70 resistono meglio al contagio visto che sono stati coperti per il 26,7% con i vaccini: su una popolazione di 494 mila persone, 143 mila hanno ricevuto la prima dose e altri 10 mila anche la seconda».
Il dottor Paolo Rosi invita alla massima cautela, altrimenti c’è il rischio di ridurre ulteriormente l’attività delle chirurgie e anche i punti nascita negli ospedali. «Per fronteggiare la nuova emergenza abbiamo dovuto reclutare medici e infermieri dagli altri reparti, bloccare le ferie e aumentare gli straordinari: bisogna quindi osservare tutte le precauzioni. Indossare sempre la mascherina, lavarsi bene le mani ed evitare pranzi e ritrovi con parenti e amici. La vita di relazione deve restare confinata al nucleo familiare. Il rispetto di queste regole ha consentito alle grandi aziende di lavorare in tranquillità, senza diffusi e pericolosi focolai d’ infezione perché gli operai indossano sempre la mascherina».
L’assessore Manuela Lanzarin ha poi spiegato di aver chiuso l’accordo con i farmacisti, che dopo aver frequentato il corso dell’Iss potranno somministrare le dosi a chi si prenota: tutto è legato alla disponibilità dei vaccini e il piano entrerà a regime a maggio.
L’altra novità riguarda il portale per prenotare le vaccinazioni, che è stato modificato per consentire alla categorie fragili di fissare la data dell’iniezione: si parte dal gruppo Inps previsto dalla legge 104 del 1992 per poi includere tutte le categorie “fragili” del Dpcm Speranza adottato dal Veneto: sono oltre 15.
Il presidente Zaia ha parlato come sempre di vaccini, si è augurato che Ema e Aifa accelerino le procedure per dare il via libera allo Sputnik V della Russia e al Sinovac, somministrato a 140 milioni di cinesi. Poi si è augurato che non ci siano sorprese su AstraZeneca e il verdetto “liberatorio” di Ema ha messo fine a tutte le preoccupazioni. La campagna può continuare al ritmo di 28-30 mila dosi al giorno, ammesso che da Roma arrivino le forniture garantite dai contratti: con 135 mila dosi di Pfizer non si fanno miracoli. In caso di stop c’è il rischio di garantire solo i richiami delle doppie dosi: pericolo sventato. Almeno fino a sera. —