Rimanere chiusi in casa ha fatto crollare le nascite: tutti i dettagli sullo studio condotto dal Burlo di Trieste

TRIESTE Rimanere chiusi in casa, tra preoccupazioni per un nemico invisibile mai incrociato prima e misure restrittive di particolare severità, ha congelato la natalità. Nello specifico del Burlo Garofolo, il calo delle nascite conseguente ai minori concepimenti in tempo di lockdown – quello più rigido della primavera 2020 – è clamoroso: tocca il 20%. Di gran lunga superiore al trend degli ultimi anni, con una riduzione media delle nascite in Friuli Venezia Giulia che si attestava attorno al 4%.

I numeri sono contenuti in uno studio condotto dai pediatri e ginecologi dell’Irccs cittadino. Il focus è sul confinamento della prima ondata del coronavirus, quello durato 69 giorni dal 10 marzo al 17 maggio dell’anno scorso, con contagi molto inferiori rispetto alle ondate successive – per un’attività di sorveglianza e tracciamento meno incisiva da parte di un sistema sanitario colto inevitabilmente di sorpresa –, ma con le misure anti-Covid sicuramente più restrittive viste in questi quattordici mesi di pandemia. Quel rigido confinamento all’interno delle abitazioni, con limitazioni pure per una semplice passeggiata, ha determinato una frenata anche della propensione a fare figli. Con nascite che sono diminuite da 308 (7 agosto 2019-20 febbraio 2020) a 247 (7 agosto 2020-20 febbraio 2021), tenendo conto di tutti i parti tra le 24 e le 42 settimane nell’arco temporale preso a riferimento dall’indagine del Burlo, vale a dire i concepimenti tra l’11 marzo e il 16 maggio del 2020, appunto inizio e fine del lockdown, rispetto allo stesso periodo del 2019.

Pur con i limiti di una fotografia su un solo ospedale e su poco più di due mesi, il dato, osservano gli studiosi del Burlo, è «impressionante». Tanto più se si considera che le nascite complessive nello stesso istituto sono in aumento dalle 1.417 del 2019 alle 1.474 del 2020 e che pure i dati demografici Istat di recente diffusione per quel che riguarda il Friuli Venezia Giulia evidenziano una sostanziale stabilità delle nascite del 2020 (7.437) rispetto a quelle del 2019 (7.495), non oltre il -0,8%. Il lockdown come una mini guerra mondiale? Il confronto storico il Burlo lo fa con i numeri certi dei mesi del 1986 successivi alla catastrofe di Chernobyl, che incise sulle nascite in Italia producendo un calo del 5-7%, effetto del timore delle possibili conseguenze dell’esplosione nucleare sulle gravidanze.

A segnare tra le sue pagine quel 20% è anche la rivista europea di riferimento Acta Paediatrica dello svedese Karolinska Institutet, che ha deciso di pubblicare lo studio. Egidio Barbi, direttore della Clinica pediatrica del Burlo, parla peraltro di «un risultato purtroppo atteso, che aggrava il trend di denatalità del nostro Paese e che deve imporre un cambio di passo. Si tratta chiaramente di un fenomeno complesso e multifattoriale – prosegue – ma almeno, in concreto, vi è una necessità urgente di politiche di supporto dedicate, a partire dalla realizzazione di asili nido accessibili per tutti, alla facilitazione al lavoro dei genitori con figli, alle politiche di riduzione dei costi indiretti e a un ulteriore incremento della offerta educativa».

Da parte loro gli autori principali dello studio, i responsabili dell’Ostetricia, Gianpaolo Maso, e della Neonatologia, Francesco Risso, coadiuvati dagli specialisti in formazione Andrea Trombetta e Melania Canton, sottolineano come «tra le possibili cause di questo calo dei concepimenti ci possano essere la crisi economica, la preoccupazione per il futuro occupazionale, gli aspetti psicologici e sociali correlati alla pandemia e al lockdown». Laura Travan, responsabile dell’Unità Semplice Nido Rooming-in, entra invece nel dettaglio di un ulteriore approfondimento dell’indagine: «Nel periodo preso in esame non si è osservato un aumento delle nascite pretermine, dei parti cesarei né della necessità di ricoveri in terapia intensiva. In sostanza, non c’è stato un impatto sugli esiti delle gravidanze sulla qualità delle cure. Si è invece osservato un calo delle interruzioni volontarie di gravidanza sempre nell’ordine del 20% circa».

Secondo Barbi, lo studio potrà fare da stimolo «per ricerche più allargate e riflessioni urgenti, anche alla luce della persistente incertezza generata dal perdurare della pandemia e della crisi correlata. Parafrasando Shakespeare - conclude il direttore della Clinica pediatrica del Burlo - questo è l’inverno del nostro scontento demografico, ma parlarne non basta, è ora di cercare rimedi». —