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Апрель
2021

Inchiesta delle concerie, accusato di corruzione il braccio destro di Rossi e Giani

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È l’uomo macchina da oltre vent’anni, il realizzatore di Palazzo Strozzi Sacrati, il consigliere che sussurra ai presidenti, che consulta tutti per loro e da tutti è consultato. Intese, grandi progetti, i rapporti con gli attori sociali ed economici. Nulla di ciò con cui è stato costruito il mito della Toscana felix sarebbe avvenuto senza Ledo Gori, 66 anni, radici a Calcinaia, da una vita ormai il Mr Wolf della Regione, il risolutore di problemi, prima braccio destro e capo di gabinetto di Enrico Rossi e ora di Eugenio Giani.

Ecco, oggi il paragone col personaggio di Pulp Fiction che tutto acconcia, sistema, ripulisce - a stare alle accuse della procura di Firenze, che lo indaga per corruzione in un’inchiesta su un sistema che lega politica e impresa toscana e quest’ultima alle cosche calabresi - resiste ma Gori avrebbe perso di vista il bene della cosa pubblica per fare gli interessi di un’associazione a delinquere.

AL SERVIZIO DEI CONCIATORI

Gori si sarebbe riconquistato la riconferma nello stesso ruolo ricoperto per anni piegandosi alle richieste dei conciatori del distretto del Cuoio. Autorizzazioni lasche sullo smaltimento dei fanghi delle imprese, deroghe agli sforamenti sull’utilizzo di metalli pesanti, pressing su dirigenti ostili dell’Arpat, la garanzia di usare la manica larga sui finanziamenti elargiti dal 2004 a oggi dall’ente al Consorzio sarebbero stati la merce di scambio per ottenere il rinnovo di un contratto da 100 mila euro annui, scrive la gip Antonella Zatini nella sua ordinanza di misure cautelari. Un terremoto per Giani.

ANCHE IL CONSIGLIERE

Per abuso d’ufficio finisce nel fascicolo anche Edo Bernini, dirigente regionale dell’Ambiente. Anche lui avrebbe chiuso un occhio su i via libera allo smaltimento dei rifiuti, sul mancato adeguamento degli impianti alle leggi. «Chiarirà», dice il legale Gaetano Viciconte. Ma il sisma colpisce anche il Pd. Accusato di corruzione c’è anche il consigliere regionale Andrea Pieroni, ex presidente della Provincia di Pisa e uomo forte di Enrico Letta in Regione.

I magistrati lo accusano di aver presentato, dietro promessa di ottenere due, tremila euro per la campagna elettorale, un emendamento alla legge regionale 20 del 2006 sulla tutela delle acque dall’inquinamento. Doveva essere l’apriscatole al traffico e allo smaltimento illecito di rifiuti dei conciatori. Poi verrà impugnato dal governo Conte, ma è un correttivo di cui in realtà nemmeno «conosceva e non comprendeva neanche il contenuto». Lo scrive per lui il consulente del consorzio, l’avvocato lucchese Alberto Benedetti.

LA SINDACA

Dovrà difendersi dall’accusa di associazione a delinquere la sindaca di Santa Croce Giulia Deidda, anche lei ritenuta dalla procura di Firenze pronta ad attivarsi per la riconferma di Gori o con Antonio Mazzeo per chiedergli di «levare dal cazzo» Alessandro Sanna, dirigente Arpat sgradito ai signori del Cuoio. Ma c’è una cena di marzo 2020 fra imprenditori e Giani che nelle carte è citata come lo spartiacque per la nomina di Gori. A tavola con Giani ci sono Piero Maccanti e Aldo Gliozzi, direttore e vice dell’associazione che gestisce il depuratore dell’Acquarno, l’impianto che dovrebbe ripulire i reflui inquinanti delle concerie e invece è diventato un crogiuolo di fanghi pericolosi. Lì e «in altre visite elettorali» sponsorizzano Gori (dice l’accusa) per la riconferma da capo di gabinetto. Insomma, sebbene sia l’ex braccio destro di Rossi, espressione di una galassia dem molto lontana da Giani, il Mr Wolf di Calcinaia deve tornare a fare il Mr Wolf. I due la porrebbero a Giani - scrive la gip - come «condizione essenziale» per avere il sostegno elettorale dei conciatori e «del bacino di voti che sono in grado di orientare».

IL PATTO

Ecco, solo che come unica conferma di questo patto fra Gori e imprenditori le carte raccontano di un pranzo organizzato dopo il 20 settembre 2020, a elezioni avvenute. A tavola c’è anche Rossi, perché per lui Gori continuerebbe a cercare «contributi». E fra un piatto e l’altro quello che è sempre stato la sua ombra «ringrazia» i conciatori per aver avanzato la richiesta a Giani, che ha già provveduto a nominarlo. Non solo. Conferma di essere «a loro disposizione».

«Sull’onestà di Ledo sono pronto a mettere la mano sul fuoco e sono convinto di non bruciarmela, ma è giusto che la magistratura faccia il suo corso», dice Rossi. Le accuse andranno dimostrare. E non può reggere da sola la tesi di un disegno criminoso basato solo sul rapporto fra politica, amministratori e imprese. «Gori è assolutamente estraneo alle accuse, lo dimostreremo», dice il suo legale Enrico Marzaduri.

GLI ATTACCHI

Chi ha parlato con Giani lo racconta scosso, frastornato. E mentre Matteo Salvini attacca, sottolineando che «dopo i gravissimi ritardi nelle vaccinazioni agli anziani nella Toscana del Pd scoppia lo scandalo di presunti reati ambientali in odore di ’ndrangheta e che vedono indagati anche il capo di gabinetto» di Giani e il commissario leghista toscano Mario Lolini parla di «un silenzio assordante» del capo della Regione, è chiaro che fra i suoi consiglieri più stretti e perfino fra i dem ci si interroghi sull’opportunità che Gori resti al suo posto. «Eugenio siluralo o ti trascina con lui», gli suggeriscono i più irruenti, che ricordano come Gori debba già rispondere di corruzione a Pisa, dove l’accusa è di aver propiziato la nomina di uno psichiatra in cambio di voti durante l’era Rossi. «Calma, deve acquisire elementi, non può decidere così», filtra dal suo entourage. E frena pure la segretaria regionale del Pd: «Da quello che leggo nelle agenzie non mi pare ci siano le basi per chiedergli le dimissioni - ha confidato Simona Bonafè ad alcuni big del partito - ma se emergessero altre evidenze dovremmo ragionarne». --

© RIPRODUZIONE RISERVATA




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