L'inchiesta delle concerie, politici e funzionari "giusti" per risparmiare 28 milioni
SANTA CROCE SULL’ARNO. Un sistema di bisogni e convenienze. Un contesto di scambi e vantaggi tra mondo dell’impresa e politica in cui si coltivano interessi di parte con uno sconfitto che resta in silenzio, ma è un protagonista assoluto. È l’ambiente, declinato nei suoi corsi d’acqua insozzati con Arno come vittima finale e terreni contaminati, a fare le spese di accordi finalizzati - stando alle carte dell’accusa - a proteggere gli interessi dell’impresa come unico bene da preservare. E pazienza se i livelli di inquinamento tollerati o che si cerca di occultare tra escamotage e leggi ad aziendam non sono proprio roba da polvere sotto il tappeto. Il calcolo stimato dagli inquirenti è un risparmio dei conciatori di 28 milioni.Tema annoso e mai risolto quello tra mondo delle concerie e territorio in un distretto industriale da seimila addetti e un fatturato di 2,4 miliardi di euro. I posti di lavoro pesano, le aziende portano reddito e benessere. E consenso, quello di cui ciclicamente la politica ha bisogno.
Esiste nel caso sollevato dall’inchiesta della Dda un rapporto consolidato basato su una reciprocità tra politica e impresa. Se macchiato anche da comportanti da codice penale lo diranno i processi. Diversi esempi ce li offre l’indagine dei carabinieri di Ros e forestale. Quando un avvocato, Alberto Benedetti, consulente legale dell’Associazione Conciatori, scrive un emendamento e lo consegna al consigliere regionale Andrea Pieroni (Pd), digiuno sulla materia e ignaro del contenuto, perché lo faccia proprio come proposta di legge, scatta l’istantanea di una politica che per i detrattori è supina agli interessi delle imprese a scapito dell’ambiente. O magari sensibile per chi vuole usare un eufemismo. È lo stesso professionista che si fa carico di raccogliere i contributi elettorali con riguardo agli imprenditori conciari riconducibili al consorzio Aquarno «con cui remunerare o conferire utilità a pubblici ufficiali compiacenti con il sodalizio, anche in riferimento alle recente elezioni regionali». Ma il do ut des (lo scambio) per definizione non è mai a senso unico. E allora nelle antiche consuetudini il sostegno di voti e contributi elettorali di un comparto trainante per l’economia toscana diventa la merce di scambio per quelle attenzioni che negli atti dell’inchiesta spingono una sindaca, Giulia Deidda (Pd) a spendersi per mettere gli uomini giusti nei posti nevralgici per la causa dei conciatori.
«Ledo bisogna che lui ci rimanga per fare tutto quello che ha fatto finora» sottolinea la sindaca al telefono con il direttore dell’Associazione Conciatori a proposito di Gori cone nuovo capo della segreteria del presidente della Regione. Un tecnico di grande esperienza che sta dietro le quinte, ma ne sa e conta più di chi appare tanto e poco incide. Una risorsa per un settore che sulla sicurezza ambientale non vuole soccombere. E così torna utile la politica che recepisce i desiderata dei conciatori quando vogliono togliersi di torno un funzionario dell’Arpat «che trova anche quello che non c’è».
È sempre la sindaca Deidda «a partecipare alle azioni di condizionamento sull’operato del funzionario della Regione Toscana incaricato di istruire la pratica di Aia (autorizzazione integrata ambientale) per Aquarno». Non solo i conciatori hanno problemi enormi con Arpat per gli scarichi nei corsi d’acqua. L’altro fardello sono gli smaltimenti dei rifiuti Keu, le ceneri di risulta dei rifiuti conciari classificati come altamente inquinanti. Al bisogno impellente corrisponde una soluzione all’apparenza risolutiva. È quella proposta da Francesco Lerose, imprenditore calabrese nel settore degli inerti e nel movimento terra con impianti a Pontedera e Bucine. I rifiuti li prende lui dal Consorzio Aquarno risolvendogli un problema strutturale. Solo che anziché smaltirli correttamente li miscela con altri materiali e li spalma per ottomila tonnellate sotto la Sr 429 che l’Empolese alla Valdelsa. Non solo. Gli stessi rifiuti li porta anche a Pontedera, Peccioli e nell’area militare dell’aeroporto di Pisa dove una consulenza ha rilevato percentuali di cromo altissime. Capita così che nell’impasse di una risposta che faccia coesistere ambiente e industria emergano figure "provvidenziali" come quella di Lerose. Uno che per la Dda è a disposizione della ’ndrangheta crotonese per il riciclaggio «e otteneva occasioni di lavoro anche in collaborazione con imprese riconducibili a cosche alleate a Grand Aracri, quali la cosca Gallace-Arena, per occultare e smaltire illecitamente i rifiuti gestiti abusivamente contenenti Keu». E in un sistema in equilibrio precario tra bisogni e convenienze, rischia di radicarsi la criminalità organizzata. Senza imporsi con violenza, ma proponendo soluzioni a problemi irrisolti. --
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