Truffa, ufficiale giudiziario in cella. L'accusa: "Falsificava atti e missioni per avere le indennità"
Uno stakanovista nel suo lavoro. Ma solo sulla carta. Quella che per l’accusa veniva falsificata per dimostrare uscite sul territorio e missioni per conto dell’ufficio che in realtà per la Procura erano inesistenti. Tutti quei km segnati e gli accessi in case e aziende, per pignoramenti e sfratti registrati agli atti, esistevano solo nell’architettura di una truffa capace di fruttare indennità ed emolumenti come premio per la produttività. Un’attività parallela che ieri mattina ha aperto le porte del carcere ad Antonio Meloni, 61 anni, residente in centro a Vicopisano, funzionario dell’Unep (ufficio notifiche, esecuzioni e protesti) di via Nenni.
Dipendente del ministero della Giustizia, il dottor Meloni ieri mattina è andato al lavoro come ogni giorno. Poco dopo l’ingresso negli uffici a Pisanova si sono presentati i poliziotti della squadra mobile, guidati dal vice questore aggiunto Fabrizio Valerio Nocita, per eseguire la misura cautelare in carcere firmata dal gip Giulio Cesare Cipolletta su richiesta del sostituto procuratore Miriam Pamela Romano. Sono rimasti alcune ore nella sede per sequestrare documenti alla presenza dell’arrestato a cui vengono contestati i seguenti reati: truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico e sostituzione di persona.
L’indagine è stata illustrata dal procuratore capo Alessandro Crini, dal pm Romano, dal dottor Nocita e dal responsabile della sezione di polizia giudiziaria della Procura, Giolindo Bonini.
L’ACCUSA
L’ufficiale giudiziario, difeso dall’avvocato Andrea Di Giuliomaria, secondo le ipotesi degli inquirenti avrebbe falsificato o corretto almeno 2.500 atti dal 2014 a poche settimane fa. Al momento sono stati vagliati almeno seimila fascicoli, ma le indagini sono ancora aperte.
LA TECNICA
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori Meloni creava atti di pignoramento o di sfratto per poi far figurare il suo sopralluogo sul posto indicato nei documenti. Solo che l’accesso, come viene definito in gergo, non avveniva, ma fruttava comunque un’indennità aggiuntiva allo stipendio. La seconda mossa del funzionario era quella di far sparire le carte farlocche in modo da lasciare il fascicolo pulito. Considerando le procedure trattate dal funzionario dal 2014 al marzo 2021, i soldi ottenuti in modo illecito sarebbero 26mila euro. «Ma l’importo è provvisorio» ha spiegato il procuratore.
SENTITI GLI AVVOCATI
Per capire se pignoramenti e sfratti chiesti dagli avvocati erano reali, la polizia ha sentito i legali che erano all’oscuro delle azioni del funzionario. «L’accertamento ha portato a riscontrare che il funzionario, al fine di ricavare un ingiustificato profitto quantificando un maggior numero di trasferte, aveva dichiarato di aver effettuato più “accessi” per il medesimo procedimento rispetto a quelli compiuti realmente» spiegano gli inquirenti.
TELEFONATE COME LEGALE
Quando con il Covid negli uffici si sono ridotte le presenze dei professionisti, Meloni ha aggiunto un dettaglio alla sua impostazione truffaldina, stando alle verifiche della polizia. Telefonava con un cellulare sconosciuto dai colleghi e, spacciandosi come un legale, prenotava l’intervento di un ufficiale giudiziario, «così poi da poterlo contabilizzare illecitamente». In pratica si creava il lavoro farlocco. Aggiungono gli investigatori: «Attraverso i tabulati telefonici è stato possibile verificare, da un numero secondario intestato al funzionario, numerose telefonate fatte in coincidenza con delle richieste di prenotazione di accessi da parte di avvocati titolari di alcuni suoi fascicoli». —