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Апрель
2021

Strage di Rivarolo, i parenti del killer: «Da tre anni teneva segregata la famiglia»

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RIVAROLO CANAVESE. «Maria Grazia e Wilson vivevano in isolamento da almeno tre anni. E la pandemia non ha fatto che acuire la loro solitudine ».

Lo affermano i parenti delle loro famiglie, lo confermano i vicini di casa, lo sottoscrivono i tre negozianti di generi alimentari che da mesi portavano la spesa a domicilio alla famiglia Tarabella.

Ma alla porta si presentava sempre e solo lui, Renzo.

«Pagava con la puntualità di un banchiere svizzero. Negli ordini al telefono era molto preciso come era scrupoloso nel controllare se le sue comande fossero state adeguatamente rispettate» dicono i tre commercianti, con bottega a poche decine di metri dal condominio Raffaello, in corso Italia 46, nel cuore di Rivarolo.

Città che domani, sabato 17, alle 14, si fermerà per i funerali di Osvaldo Dighera e Liliana Heidempergher. Le esequie si terranno nella chiesa parrocchiale di San Giacomo. Sempre in San Giacomo, ma martedì 20, alle 15, 30, l’ultimo saluto sarà per i Tarabella. Domenica 18 invece la giornata di lutto cittadino.

«Abbiamo scelto la domenica per due ragioni. È un giorno che invita alla pace, alla riflessione e alla fratellanza - spiega il primo cittadino, Alberto Rostagno, pesantemente coinvolto nella vicenda anche dal punto di vista emotivo - Poi perchè i funerali non sono concomitanti e perché molte attività commerciali, dopo mesi di chiusura forzata, hanno appena ripreso a lavorare. La squadra dell’Usac di basket, unica formazione che scenderà in campo, osserverà un minuto di silenzio e i suoi atleti avranno il lutto al braccio. I consiglieri comunali, domenica, saranno con me alle 9,30 davanti al Municipio. La bandiera sarà esposta a mezz’asta e un musico della filarmonica intonerà le note del “Silenzio” mentre ci raccoglieremo in una breve preghiera. Questo non è il lutto di due famiglie: questo è il dolore e il cordoglio di una intera città» conclude Alberto Rostagno che aggiunge «la follia di un uomo non deve dividere la comunità. E nessuno deve ergersi a giudice. La giustizia divina, per i credenti, e quella degli uomini, faranno il loro corso».

Tutto il resto è maledettamente chiaro. Renzo Tarabella aveva ordito un piano folle. L’atto finale di un disegno visto troppe volte nelle cronache di nera: un genitore che toglie la vita ai suoi cari, moglie e figli, e poi si suicida. Sono centinaia le storie. Tutte simili, nessuna analoga. Ma Tarabella è andato oltre: con farneticanti parole scritte su due diversi biglietti ha attribuito colpe, frutto della sua mente offuscata dalla follia e dal suo animo turbato dalla gelosia, a quei vicini di casa che invece per lui si erano spesi e a Wilson volevano bene.

Ed ora il suo gesto pesa come un macigno anche sulla figlia maggiore, Graziella, 59 anni, che soffre per la scia di morte e dolore seminata dal padre e lotta con quel sentimento devastante che miscela in sè disagio e imbarazzo. Graziella, di professione badante, è l'unica sopravvissuta della famiglia. «Non avevo più contatti con lui, una volta non era così», ha ripetuto come un automa domenica mattina, davanti al condominio degli orrori e non ha osato avvicinarsi a Francesca, la figlia dei Dighera, scortata via dalle amiche più care.

«Osvaldo e Liliana erano brave persone. Non lo meritavano, non lo meritavano. Volevano bene a Wilson, lo portavano al museo Egizio e al museo dell’auto. Anch’io avrei voluto occuparmi di lui, era intelligente amava leggere e aveva molti interessi. Ma mio padre, negli ultimi anni, me lo ha impedito. Ha chiuso Wilson e la mamma in un mondo nel quale non permetteva a nessuno di entrare».

Non ai familiari. E neppure ai servizi sociali. Legalmente lo poteva fare: Renzo Tarabella e Maria Grazia Valovatto era due pensionati, Wilson percepiva un’indennità per la sua invalidità. Non avevano problemi economici. Erano addirittura avanti di un semestre nel pagamento delle spese condominiali. Non era una famiglia agiata ma nulla mancava: la Fiat Panda, lustra e ordinata come l’appartamento, è ancora parcheggiata nello stallo riservato. Ma ci sono delle crepe: i rapporti «cordiali ma distaccati» con i vicini di casa ora, a distanza di 5 giorni sono «freddi e qualche volta conflittuali» e quell’uomo «schivo e riservato» è diventato «ombroso e spesso litigioso» .

E allora si avvalora la tesi di Francesca Dighera, che poteva essere la quinta vittima di un piano folle e diabolico: «Questa è una tragedia annunciata: gli sguardi torvi di quell’uomo e quella pistola che metteva sempre in vista. Mamma lo aveva percepito, papà cercava di giustificarlo. Hanno pagato con la vita. Non è giusto». —




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