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Апрель
2021

Schianto in auto, muore dopo 26 anni di coma vigile: «Lui ha vissuto grazie al nostro amore»

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SAONARA Ventisei anni di silenzio, ma non di assenza; ventisei anni di immobilità, ma animati dalla forza straordinaria di una famiglia che si è dedicata a lui con tutto l’amore possibile. È morto ieri per un arresto cardiaco, all’età di 55 anni, Giuseppe Lazzaro: il 7 febbraio del 1995 un tremendo incidente stradale lo aveva improvvisamente sospinto nel grande mistero del coma vigile, dal quale non è mai uscito.

Nato a Saonara, Giuseppe viveva con la madre Adriana e la sorella Cinzia a Liettoli di Campolongo Maggiore, dove la famiglia si era trasferita vent’anni or sono, lasciando la piccola casa di Saonara in via Costantina per un’abitazione più grande e più adatta a gestire la grave disabilità del giovane. Prima di quella nebbiosa mattina di febbraio la vita del 29enne Giuseppe o Vladi, come lo chiamavano tutti, scorre normalmente, tra il lavoro in una ditta di pollame, lo sport, gli amici e la fidanzata, con la quale progetta a breve il matrimonio, tanto da aver già comperato una casa.

Ma lungo la Strada dei Vivai lo scontro frontale con un bilico fuori controllo mette fine a tutto il suo mondo: i medici gli danno poche ore di vita, però la sua fibra è forte, alla fine ce la fa. Resta un mese in Rianimazione, poi apre gli occhi e i sanitari lo svegliano.

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Dal coma indotto è passato al coma vigile, con esigue speranze di ripresa. Dopo diversi mesi di ricoveri intermittenti, Giuseppe torna a casa definitivamente: accanto a lui, assieme alla madre e alla sorella Katia, ci sono anche il padre Giovanni, il fratello Gianalberto e l’altra sorella Cinzia. «I medici ci consigliavano di stargli vicino, di parlargli, di dargli stimoli perché potesse in qualche modo superare il suo isolamento», racconta Katia.

«Grazie al grande lavoro e alla dedizione dei medici dell’ospedale San Camillo del Lido di Venezia mio fratello ha imparato a comunicare con gli occhi, a rispondere sì e no con il battito delle palpebre. Ha sempre partecipato alla vita della famiglia: non solo riconosceva tutti, ma capivamo che ci ascoltava e ci comprendeva quando parlavamo o gli mostravamo delle foto. Alle volte sorrideva, alle volte si arrabbiava: insomma era presente, lì con noi, anche se non poteva muoversi e parlare».

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È soprattutto mamma Adriana a dedicarsi a tempo pieno a Giuseppe, specie dopo la morte del marito Giovanni, appena un anno dopo il trasloco a Liettoli; ogni mattina lo sveglia, lo veste, lo mette in carrozzina o in poltrona, lo nutre con il sondino, gli fa ascoltare la radio o vedere la televisione; ogni estate entrambi si trasferiscono a Rosolina per due mesi e Giuseppe aspetta con ansia le vacanze. «Gli dicevamo: Vladi, abbiamo prenotato al mare», continua la sorella. «Lui capiva e ogni volta sorrideva felice. Tutto è andato avanti così fino a due anni fa, quando mio fratello ha avuto una prima, terribile crisi epilettica. L’ha superata, ma da quel giorno le sue condizioni sono andate incontro ad un declino continuo e inarrestabile, fino a che un arresto cardiaco l’ha stroncato, all’ospedale di Piove di Sacco. Durante questi anni i medici ci hanno sempre detto di non aver mai visto una persona in coma vigile in condizioni così buone. Sappiamo che Giuseppe ha vissuto così tanto grazie al nostro amore». —




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