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Commento[/tps_title]
Gonfiarsi il petto, specchiarsi troppo, mordersi le mani.
Il
Palermo fissa il tabellino e si
guarda dentro. Un pari al
San Nicola contro un Bari che permane per cifra tecnica un gigante in questa categoria. In relazione alle aspettative della vigilia, un risultato che avrebbe certamente addolcito la stagione insapore fin qui condotta dalla formazione rosanero. Al triplice fischio, la spartizione della posta diviene, invece, un verdetto amaro come il fiele per la banda Filippi. Capace di giocare settanta minuti di alto livello sul manto erboso dell'impianto pugliese. Impattando il match con personalità, intensità audacia. Libero da scorie mentali e timori reverenziali. Dimenticando la classifica, attingendo dal pozzo di autostima ed amor proprio che tecnico e calciatori stanno provando a riempire. Goccia dopo goccia. Un Palermo corto, intenso, aggressivo. Armonioso e molto alto con le linee, bravo a pressare con ferocia e sincronia sulla trequarti offensiva, lineare e reattivo nel distendersi, con fare corale ed incisivo, in fase di possesso.
La gara è stata godibile e frizzante fin da subito. Niente alchimie conservative esasperanti, indole propositiva, marcata propensione a costruire e possibilmente far male all'avversario. Bari e Palermo si sono affrontate a muso duro. Senza nascondersi o spettarsi. Condizioni tattiche ideali per la compagine di Filippi, farcita di elementi in grado di conciliare gamba e qualità nel proprio bagaglio tecnico.
Almici e Valente esterni alti, Floriano e Kanoutè frecce direzionate dentro il campo a puntare tra le linee, Rauti terminale centrale di manovra.
De Rose e Luperini a schermare in zona nevralgica e distribuire in transizione, per trame essenziali ma ficcanti dipanate sia in ampiezza sia in verticale.
Il Bari non ha mai trovato le giuste distanze tra i reparti, soffrendo pressing e ripartenze rosa, ricorrendo spesso al lancio lungo per sorprendere la linea difensiva rosanero, spesso alta ai confini dell atemerarietà. Frattali che vola su incornata di Rauti, Pelagotti che si oppone ad Antenucci scattato a tempo sul filo dell'
offside. De Rose che testa i riflessi del portiere di casa con un destro velenoso dalla media distanza. Da una delle pregevoli e fulminee trame fraseggiate nasce il rigore ospite per atterramento di Marras su Kanoute. Floriano freddo e implacabile che infila dagli undici metri il suo passato.
Palermo gasato, Bari stordito. Floriano e Kanoute infieriscono sulla scarsa densità del dispositivo tattico di Carrera, l'ex Catanzaro che calcia prontamente ma alza la mira.
La ripresa che regala tanti cambi quante emozioni. Le interazioni dei due tecnici dalla panchina finiranno per segnare il match.
Marong sbuca dagli spogliatoi rilevando l'acciaccato Marconi dopo l'intervallo. Floriano, problema all'adduttore, lascia il campo a Santana dopo qualche giro d'orologio. Il campione argentino che si inebria, respirando l'aria nobile di una sfida dal sapore antico che scriveva pagine di storia gloriosa nel grande libro della nostra Serie A. L'humus naturale di un calciatore la cui pur prestigiosa carriera non dice abbastanza sull'immenso talento di cui l'ha dotato madre natura. Mario ferma ancora il tempo, inventandosi un prodigio, balistico e di pensiero che lascia basito Frattali e impreziosisce la ricercata collezione di gemme che rende speciale il suo bagaglio calcistico.
A quel punto, i due allenatori diventano, probabilmente a reciproca insaputa, protagonisti assoluti della gara. Carrera vara un triplo cambio al fine di scuotere la squadra da un torpore, tecnico e psicologico, acuito dal risultato fin lì maturato sul rettangolo verde. Cianci .D'Ursi e Mercurio imprimeranno vivacità e cambio di passo ai pugliesi.
Filippi lancia Lancini ed Odjer in luogo di Luperini e Peretti.
Poco dopo si arrende anche Rauti, gli subentra Saraniti. Esauriti i cinque cambi a disposizione, il destino ci mette del suo. Almici alza bandiera bianca per un problema muscolare e la squadra rimane in dieci.
Il
Palermo si abbassa e serra i ranghi, il Bari si accende trovando il gol con Mercurio, complice una sfortunata deviazione della difesa rosa. Lo scorcio finale di match, recupero compreso, è un monologo biancorosso. La compagine ospite si difende stoicamente, ma con evidente affanno, nella propria area di rigore.
In the box i rosanero soffrono fisicità e centimetri degli avversari, bravi a cingere d'assedio la formazione siciliana con un forcing tambureggiante ed avvolgente. Perrotta sfrutta l'ennesimo cross proveniente dalle corsie, incornando in rete e riequilibrando le sorti derl match.
Resta il rammarico per un match preparato egregiamente da
Filippi sotto il profilo strategico e dell'atteggiamento, ma gestito probailmente non in maniera particolarmente ispirata in relazione a lettura in corsa, modalità e numero di slot utilizzati dalla panchina nel corso del match.
La sorte si è certamente accanita con la compagine siciliana, complicando i piani del tecnico con una serie di problematiche di varia natura che hanno messo fuori causa alcuni tra i rosanero
più in palla nel pomeriggio rocambolesco del San Nicola. Tuttavia, la discontinuità nell'arco dei novanta minuti permane un limite cronico di questo gruppo.
Porzioni di gara apprezzabili e corroborate da situazioni di vantaggio, puntualmente vanificate da frangenti di blackout, strategico, tecnico o mentale.
Un copione visto troppe volte nel corso di questa travagliata e deludente stagione calcistica.