Dal 26 pranzi e cene ma solo all’aperto: «È un contentino che non può bastare»
PIOMBINO. L’Italia riapre il 26 aprile. Lo ha detto il governo, dando il via alle attività che finora erano rimaste bloccate del tutto, o quasi, dalla pandemia. Fra queste anche i ristoranti dove – nel rispetto del distanziamento e delle norme di sicurezza – sarà possibile fino a tutto maggio pranzare e cenare, solo all’aperto e comunque fino alle 22. Dal primo giugno si potrà mangiare anche all’interno dei locali, ma solo a pranzo e, comunque, esclusivamente in zona gialla. In arancione e rosso resterebbero soltanto l’asporto e la consegna a domicilio.
«Sono uno dei locali più avvantaggiati da questa decisione – le parole di Davide Govi del ristorante La Rocchetta – Per il pranzo sono messo bene, apro anche la veranda. Penso, piuttosto, a chi non ha posti all’aperto o ne ha pochi. E poi c’è la sera, che tra fine aprile e maggio fa ancora freddo. Forse alla gente andrà comunque bene, soprattutto per i bar e in quel caso si ripresenterà il problema dei possibili assembramenti. Anche perché senza vaccini ci si continua a infettare. D’altra parte bisogna cercare di convivere con il virus, aspettando la benedetta immunità di gregge. Abbiamo già perso troppo tempo, adesso non ce n’è più. Avremmo dovuto fare un lockdown serio, ma per molti non è stato così. E ora occorre ripartire secondo un equilibrio fra aperture e vaccini. La questione importante è una: l’estate va liberata – prosegue Govi – Spero che a fine maggio la situazione sia gestibile e i vaccini a buon punto. Ormai la gente è al limite. Disperata. Non solo per aver perso i soldi, ma per aver visto sfumare spesso il sogno di una vita. Anche per molti di noi è così. Ci stavamo riprendendo dopo la crisi del 2008 e questo virus ci ha ammazzato. Acceleriamo i vaccini, e soprattutto che ci facciano fare l’estate. Noi abbiamo una data, il 15 giugno. A quel giorno possiamo arrivarci anche zoppicando, ma da lì in poi non sarà più possibile. Se si perde la stagione, siamo rovinati». «Questa decisione del governo sembra tanto un contentino – dice Simone Salerno della Taverna dei Boncompagni – Siamo un po’ tutti alla canna del gas e prima che le piazze si agitino in maniera drastica, hanno voluto darci la pasticchina. La paura è quella. Però mi sembra strano, visto che il turismo vale il 30 per cento del Pil italiano e un’altra chiusura sarebbe gravissima. Detto questo, sembra comunque un contentino che, fra l’altro, penalizza chi non ha posti all’esterno o ne ha pochi. Noi prima della pandemia, fra dentro e fuori, avevamo circa 60 coperti. Dall’anno scorso, e con l’area concessa in più dal Comune, eravamo arrivati a 40-45. Senza i tavoli interni al locale si scende. Spero che il Comune anche questa estate si dimostri disponibile. Quel che fa arrabbiare è aver visto in questo ultimo anno una disparità di trattamento fra i settori. Noi siamo chiusi da mesi, però i casi sono aumentati lo stesso, segno che la colpa non è dei ristoranti né dei bar. A ogni modo, se devo star chiuso per salvare il mondo, chiudo, ma avrebbero potuto sacrificare un po’ tutte le classi e attivare una patrimoniale ma qualcosa del genere».
«Il 26 aprile non apro, ormai aspetto l’8 maggio – spiega Kavita Carrara del winebar Al Kavitappo – Se saremo in zona gialla, probabilmente aprirò anche all’ora di pranzo nei week-end. Ma molto dipende anche dal tempo. La mia attività è sugli aperitivi e forse è più semplice, ma per i ristoranti credo sia una faccenda più complessa. In ogni caso siamo sempre con l’incognita contagi e diventa impossibile programmare. Speriamo si muovano con i vaccini e incrociamo le dita». «Sono fra i più penalizzati – commenta Carlo Muti dell’Osteria – Già dall’anno scorso, grazie alla concessione di suolo pubblico supplementare, piazzai una pedana con tre tavoli esterni. Ecco, dal 26 aprile potrò fare quelli e basta. Non smetterò ovviamente il domicilio, formula che non serve comunque a compensare gli aiuti mai arrivati. Speriamo di poter aprire presto anche dentro il locale». —
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