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Апрель
2021

Unione Gorizia-Nova Gorica, Brancati: «Sì alla città unica ma il percorso è molto lungo»

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GORIZIA Guido Germano Pettarin fu il suo concorrente alla poltrona di sindaco. Ed era accreditato dei favori del pronostico. Ma Vittorio Brancati, sorprendentemente, riuscì a batterlo con 26 voti di scarto, poca roba ma sufficiente a governare.

E lo stesso Brancati, in tutto il suo mandato, lavorò per la “città unita” Gorizia-Nova Gorica. Oggi, ormai fuori dai giochi, assiste molto interessato al dibattito sulla “città unica” lanciato (questa è l’ironia della sorte) proprio da Pettarin, uomo di centrodestra, il suo sfidante. Che gli siano fischiate le orecchie? «Il dibattito sulle pagine del Piccolo? Interessante, molto interessante. Dico subito che la proposta di Pettarin è intelligente, ma ha bisogno di un percorso che non si chiude in pochi anni, bisogna lavorare convintamente per concretizzare questo progetto, non lo si fa dall’oggi al domani. Piccoli passi ma la traiettoria è quella giusta».

Le riunioni delle tre giunte

Brancati non può fare a meno di ricordare il lavoro svolto quand’era lui sindaco. «Periodicamente, iniziarono a riunirsi insieme le tre giunte di Gorizia, Nova Gorica e Sempeter Vrtojba: si parlava di collaborazione e progetti congiunti quando il Gect ancora non esisteva. Ebbene: quell’iniziativa è stata bruscamente cancellata ed è stato un autogol clamoroso». Riguardo al rallentamento dell’attività di collaborazione transfrontaliera, l’ex sindaco ha le idee chiare e attribuisce anche delle responsabilità precise. «L’attuale primo cittadino sta tentando di dare più slancio ai rapporti con la Slovenia. Purtroppo, però, paga le non-decisioni di chi c’era prima. Ettore Romoli mollò per dieci anni: al di là delle cose piccole e formali, dimostrò di non credere al dialogo e alla cooperazione con lo Stato vicino. Mi metto nei panni di Ziberna: non è stato facile ripartire dopo due mandati in cui, in questo campo, si è fatto davvero troppo poco».

Secondo Brancati bisognerebbe ricominciare, sin da subito, a lavorare a un Piano regolatore comune in maniera tale che le pianificazioni urbanistiche possano avvenire con una certa logica, senza ritrovarsi ad esempio con una zona industriale in uno Stato e un’area residenziale nell’altro, confinante. «E, comunque, voglio ricordare che quello che abbiamo potuto fare durante il mio mandato è stato reso possibile grazie al lavoro dei sindaci precedenti. Sono stati loro ad aver avviato un percorso di amicizia».

L’obiettivo finale

Secondo Brancati, la città unica deve essere l’obiettivo finale. «La rete la abbattemmo già a febbraio del 2004 attraverso un percorso di autorizzazioni. Riuscimmo a bruciare i tempi ma quello fu l’esempio che, se c’è determinazione, le cose si riescono a fare. Certo, occorre tempo e condivisione ma se è bastato solo ipotizzare la città unica per scatenare la rivoluzione all’interno del centrodestra, significa che sarà un percorso pieno di ostacoli e trappole. Un’unica entità finirebbe con il rafforzare sia Gorizia sia Nova Gorica, entrambe distanti da Roma e da Lubiana, molte volte inascoltate. Bisogna anche chiedersi se i goriziani accetteranno questo. Stesso discorso per gli sloveni. Brulc (ex sindaco di Nova Gorica) mi ha sempre detto che pure lui aveva i suoi problemi. Il ripristino della scritta Tito dimostra che ci sono resistenze e nazionalismi».

Un dibattito importante

Ma Brancati, come vede l’uscita di Pettarin? Lo sorprende? «Diciamo che fare questo ragionamento, da Roma, da lontano, è più semplice. Molto più difficile se avesse fatto queste affermazioni da assessore comunale. Comunque, apprezzo il suo coraggio. Il dibattito che si è aperto è molto serio, non è aria fritta. Vedete: Gorizia ha lasciato, e in parte è stata costretta a lasciare, nel tempo, alcune solide certezze, ma si è anche liberata dei rilevanti limiti che la sua collocazione geografica marginale le ha imposto dal dopoguerra ad oggi. Allo stesso tempo ci siamo trovati in prima persona davanti a nuove opportunità, a occasioni irripetibili di ripensare nella sua globalità la città e il territorio in cui viviamo, che il centrodestra non ha saputo cogliere o, in alcuni casi, ha addirittura ostacolato. Il ritardo con cui si è dato vita al Gect è il risultato di queste resistenze. Ma bisogna guardare avanti».




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