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Апрель
2021

Wout, questa l’hai proprio sospirata!

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Fotofinish-show all’Amstel Gold Race: vince Van Aert per 4 millesimi di secondo su Tom Pidcock. Bel podio per Maximilian Schachmann, Kristian Sbaragli ottimo settimo

218.6 km la misura giusta, precisa, perfetta per Wout Van Aert. Ché se fossero stati 218.600,01, duecentodiciotto km 600 metri e un centimetro, stasera il suo palmarès sarebbe più scarno di un’Amstel Gold Race, e viceversa la vetrina dei trofei di Tom Pidcock sarebbe arricchita dal premio in palio nella corsa della birra. Quest’arzigogolata introduzione per dire che il RollingStone di Herentals ha vinto la corsa per questione di millimetri sul piccolo rivale di già tante battaglie, e che subito dopo la linea fatidica, quella del fotofinish (a lungo consultato prima di ufficializzare il risultato), era davanti lui, sullo slancio di un colpo di reni fulminante ma scattato con una frazione di secondo di ritardo: 4 millesimi per la precisione, secondo quanto stimato dai cronometristi.

È anche questo a fare l’epica del ciclismo, quel millimetro che sposta gli ordini d’arrivo e assegna le vittorie a questo o quello. Pidcock mastica amaro, perché dopo la bella Freccia del Brabante di mercoledì aveva l’occasione di ripetersi (nel medesimo modo: stroncando Van Aert con uno sprint di rimonta), aumentando il calibro dei propri successi (l’Amstel è un gradino più su della corsa precedente). Dovrà riprovarci, necessariamente, perché per oggi festeggia l’altro, il più esperto anche se solo 26enne.

E guardiamolo, il filotto di questo capofila di quella che da qui potremmo ribattezzare la Beat Generation del ciclismo: prima corsa dell’anno, la Strade Bianche: solo quarto. Poi una Tirreno fantasmagorica, chiusa al secondo posto alle spalle di Tadej Pogacar, con questa sequenza di piazzamenti di tappa: 1-3-2-9-3-13-1. Terzo alla Sanremo, 11esimo alla E3 (il peggior piazzamento stagionale in una corsa di un giorno), quindi gran ribalta con la vittoria alla Gand. E sesto alla Ronde, secondo al Brabante, di nuovo primo all’Amstel. Lo rivedremo al Delfinato, Wout Van Aert. Questo suo schioccante avvio di 2021 va in archivio con due classiche vinte (Gand e Amstel), due tappe alla Tirreno, e nove podi (nell’ambito di 12 top ten) in 14 giorni di gara. Per mettere insieme un rendimento del genere a volte non basta una carriera…

Van Aert se ne va in ferie sulle ali di un giustificato entusiasmo, gli appassionati son contenti per aver vissuto un’altra giornata di ciclismo spettacolo, e a noi non resta che descrivere nel dettaglio quanto avvenuto nella 55esima Amstel Gold Race andata in scena oggi sul circuito di Berg-en-Teblijt (come dire Valkenburg).

La fuga è partita prima di subito (km 3) con 10 uomini e una Trek-Segafredo con numeri in mente, dato che ne ha messi due (Edward Theuns e Julien Bernard); due arditi pure per la Intermarché-Wanty (Maurits Lammertink e Loïc Vliegen), e poi allo spariglio Stan Dewulf (AG2R Citroën), Sébastien Grignard (Lotto Soudal), Chad Haga (DSM), Ryan Gibbons (UAE-Emirates), Kenny Molly (Bingoal Pauwels Sauces WB) e Anders Skaarseth (Uno-X). Vantaggio che è salito fino a circa cinque minuti, gruppo controllato a turno da Jumbo-Visma e Movistar su tutte, e corsa di fatto cristallizzata – pur nella sua velocità – per 150 km circa.

Dopodiché, il continuo passare sui tre muri del giorno, qualche resistenza l’ha fiaccata: tra i primi big a dar segno di sofferenza, già a 80 dalla fine, Søren Kragh Andersen (DSM) e Jasper Stuyven (Trek). A quel punto della storia i 10 battistrada avevano ancora tre minuti e mezzo e continuavano a ruotare con mozartiana armonia, mancavano 5 giri alla conclusione (nell’ultimo niente Cauberg, per tutti gli altri 12 della giornata la sequenza è stata Geulhemmerberg-Bemelerberg-Cauberg). Al quint’ultimo giro, a 72 dalla fine sul Bemelerberg è uscito dal gruppo Rob Power (Qhubeka Assos), seguito poco dopo da Oscar Riesebeek (Alpecin-Fenix) ma col gruppo un passo dietro. Sul Cauberg ai -68 le accelerazioni si sono susseguite nel plotone e praticamente la corsa è entrata nel vivo.

Un gruppetto di una decina si è avvantaggiato, la Ineos Grenadiers ha lavorato contro gli attaccanti, tra i quali Pieter Serry (Deceuninck-Quick Step) pareva il più risoluto, ma insomma, fin qui il balletto era nell’ordine di qualche secondo su, qualche secondo giù. Situazione fluida al massimo, però, e fuggitivi ancora con 2’30” da amministrare in avvio di quart’ultimo giro. Tra i vari nomi attivi in questa fase vanno citati Jan Tratnik (Bahrain-Victorious), Dylan Van Baarle (Ineos), Wilco Kelderman (Bora-Hansgrohe). Attivo pure Tom Dumoulin, ma a bordo strada, nelle vesti di spettatore, a rinfocolare la nostalgia dei tanti tifosi che ha lasciato orfani con la sua pausa di riflessione decisa lo scorso inverno.

Sul Bemelerberg ai -55 altro tentativo innescato da Tratnik a cui ha dato un ottimo impulso Rémi Cavagna (Deceuninck), di nuovo una decina di contrattaccanti, anzi una dozzina, e di nuovo Van Baarle a fare il tessitore a cottimo per conto della Ineos Inc.. Risultato, chiusura perfezionata ai -53, proprio mentre una caduta coinvolgeva a centro gruppo Maximilian Schachmann (Bora) e Mauri Vansevenant (Deceuninck), primi a ripartire, e Sander Armée (Qhubeka), Sylvain Moniquet (Lotto) – molto dolorante – e Bob Jungels (AG2R) che ha preso una botta in fronte. Momento Fantozzi per Vansevenant, che era appena rientrato da una foratura, e dopo la caduta, nel massimo impegno per riportarsi in gruppo, ha rotto il cambio. Ma non s’è perso d’animo, e caracollan-caracollando è rientrato ancora una volta nel plotone.

Sul terz’ultimo Cauberg, ai -50, la Bahrain ha continuato a proporre ciclismo, stavolta con un allungo di Matej Mohoric, ma per il momento ancora nessuna selezione possibile tra i migliori. Ai -47 sul Geulhemmerberg ci ha provato Anthony Perez (Cofidis, Solutions Crédits), ma sempre niente. E allora se non sui muri, dove l’attenzione era massima, il contropiede buono sarebbe dovuto partire in qualche fase interlocutoria post-berg. Puntualmente, ai 43 il plotone si è rilassato un momento e si è sganciato un gruppetto con sei uomini: Rui Costa (UAE), già in vista da diversi chilometri, e con lui ancora Van Baarle, Simon Clarke (Qhubeka), Tosh Van der Sande (Lotto) e – ma wow! – Sonny Colbrelli (Bahrain); Deceuninck rappresentata nell’occasione da Florian Sénéchal. Primoz Roglic e Sam Oomen nei panni dei gregari a beneficio di Wout Van Aert in casa Jumbo, in testa al gruppo.

A 35 dall’arrivo il drappello dei fuggitivi si è frantumato sul penultimo Cauberg mentre i sei intercalati stavano per rientrare; il gruppo era a 40″ ma sulla rampa si sono stretti i tempi: prima Ide Schelling per la Bora, poi soprattutto Roglic, di nuovo (con Tom Pidcock a ruota), e questo allungo di Primoz ha permesso di annullare il gap rispetto a chi era avanti: il solo Loïc Vliegen era rimasto al comando, con Bernard, Dewulf e Lammertink a metà strada.

A 30 dalla fine un nuovo allungo di Schelling ha pungolato la risposta di Colbrelli sul Bemelerberg, ma poi l’olandese della Bora ha proseguito da solo e ha ripreso Bernard, Lammertink e Dewulf, allungando poi con quest’ultimo; ai -25 Schelling e Dewulf hanno infine chiuso su Vliegen e a quel punto Ide è subito ripartito, mentre Roglic teneva a vista il gruppo (a una decina di secondi) e Vansevenant provava a romperne la compattezza.

Prima dell’ultimo Cauberg sono stati prima gli UAE e poi i Deceuninck a prendere in mano la situazione, mettendosi a trenare davanti al plotone. Roglic ha avuto un problema meccanico ai piedi del muro e si è trovato fuori dai giochi. Subito abbiamo visto un primo allunghetto di Nicola Conci (Trek) ai -18, ma la reazione è stata veemente ed è stata orchestrata da Wout Van Aert (Jumbo), subito contrappuntato da Julian Alaphilippe (Deceuninck) e soprattutto Tom Pidcock (Ineos), che in cima al Cauberg ha rilanciato andandosene con lo stesso WVA. Poco dietro, col Campione del Mondo, Maximilian Schachmann (Bora), primo a rientrare sui due, e Kwiatkowski, Carapaz, Matthews. Solo che tutti son riusciti a sganciarsi da Julian e a far gruppetto davanti, tranne lo stesso Alaphilippe.

Con una strappata dopo il passaggio dal traguardo, Alejandro Valverde (Movistar) ha chiuso da solo su quelli davanti (tra i quali si segnalava un Carapaz scatenato), emergendo pure lui dal drappello Alaphilippe. Di fatto tra i sette era preponderante la presenza Ineos. Il team britannico poteva giocare le sue carte a turno, e lì ai -14, proprio mentre rientrava il murciano, è partito Kwiatkowski, subito prima che altri rientri andassero a rinfoltire il gruppetto: tra questi Alaphilippe (finalmente), Jakob Fuglsang (Astana-Premier Tech) e Guillaume Martin (Cofidis), ma non sembrava esserci grande accordo per chiudere sul polacco involato.

Schachmann ha provato a forzare ma con Pidcock a ruota, e nel momento in cui hanno chiuso su Kwia ai -13, Tom è partito in contropiede, e quest’azione ha generato – con la risposta di Van Aert e dello stesso Schachmann – il terzetto che pareva proprio fatto per andare al traguardo. Un primo gruppo inseguitore balzava rapidamente a 15″ di distacco, vanamente tirato dall’ottimo Vansevenant, appena rientrato da dietro. Altri rientri: Esteban Chaves (BikeExchange), Bauke Mollema (Trek, destinato a forare di lì a poco), Sep Vanmarcke (Israel Start-Up Nation), le girate a tirare sono aumentate, ma il tris al comando si portava a +20″.

Margine con cui Wout-Tom-Max hanno affrontato il Bemelerberg, ultimo muro di giornata ai -6. Qui si son gestiti, si son guardati, hanno permesso a quelli dietro di riavvicinarsi un po’, ma non c’era rischio di sorprese: sarebbero stati loro a giocarsi la vittoria. Prima Tim Wellens (Lotto), poi Jakob Fuglsang, poi di nuovo Wellens, hanno provato un ultimo scatto per riavvicinare i primi, ma questa possibilità non era più contemplata a quel punto.

Ai 2 km Schachmann ha dato una bottarella ma non ha fatto la differenza, poi gli interminabili 900 metri finali, quel rettilineo dove davanti si cincischia e dietro ci si crede. Valverde ha provato a forzare i tempi, ma gli son mancati 100 metri; ai 200 metri non era più tempo di perdersi in chiacchiere, Wout – che era stato lasciato in prima posizione come mercoledì al Brabante – ha deciso di lanciare lo sprint, Schachmann ha subito perso la pedalata, Pidcock no e anzi, ha riproposto lo stesso schema dell’altro giorno: la rimonta assassina.

La lunga volata di Van Aert non l’ha messo al riparo dal potenzialmente letale ritorno del piccoletto. L’esperienza, anche quella fresca e bruciante, insegna fino a un certo punto. Pidcock ha affiancato Wout proprio come mercoledì, gli ha conteso la vittoria fino alla fine proprio come mercoledì, l’ha battuto al colpo di reni proprio come mercoledì. Anzi no. La prima immagine presa sulla linea d’arrivo pareva premiare il britannico, nessuno esultava, solo dopo lunghissimi secondi un primo timido pugnetto di WVA, vuoi vedere che ce l’ha fatta?

Il fotofinish è stato consultato a lungo dai giudici, nel momento del colpo di reni la bici di Van Aert si impenna, questo inganna l’occhio nel fotogramma successivo (quello in cui vediamo la ruota di Pidcock più avanti); ma il fotogramma buono è il precedente: quello che sancisce il risultato per la giuria, quello che offre a Tom la prima grandissima delusione su strada, quello che regala a Wout il primo successo nell’Amstel Gold Race, a succedere in albo d’oro proprio a Mathieu, che oggi non c’era.

Schachmann ha chiuso al terzo posto, poi a 2″ cronometriamo gli altri: Matthews, Valverde, Alaphilippe, Kristian Sbaragli (Alpecin) gran settimo e primo degli italiani, quindi Mohoric, Kwiatkowski e ancora un validissimo Van der Sande. Tanti di loro li ritroveremo mercoledì alla Freccia Vallone.

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