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Апрель
2021

L'aggressione di Mogliano, parla il salvatore di Marta: "Le premeva la testa sott’acqua"

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MOGLIANO. «Lui era letteralmente sopra di lei e le premeva la testa sott’acqua». È un dettaglio shock, finora totalmente inedito, quello che emerge a un mese esatto da quel tremendo lunedì pomeriggio in via Marignana a Mogliano.

Parla Massimo Michielutti, l’operaio residente a Spinea che per primo è intervenuto sul posto, assieme a un collega, per prestare soccorso a Marta Novello, studentessa di 26 anni colpita da una ventina di coltellate mentre faceva jogging.

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C’è un nuovo particolare: l’immagine del giovane aggressore, un adolescente residente in zona, che dopo aver infierito sul corpo della ragazza con un coltello da cucina, persevera ancora, provando come ad “affogarla”. «Ho avuto proprio questa impressione» racconta Michielutti, che è intervenuto sul posto, chiamando i soccorsi e separando i due.

«Passavo di lì» ricostruisce il salvatore di Marta «arrivavo da Marocco ed ero diretto verso Peseggia, ho visto una bici stesa a terra in mezzo alla strada. Ho pensato che fosse stata rubata e abbandonata lì. Con il mio collega siamo scesi per toglierla di mezzo perché ostruiva il passaggio. Proprio in quel momento ho visto che c’erano due persone in fosso e ho sentito Marta chiamare aiuto». Scatta la chiamata al 118, poi al 113 che la passa ai Carabinieri. Michielutti è anche volontario della Croce Verde «con sette corsi di primo soccorso all’attivo» precisa. Scende subito per prestare aiuto, il collega invece rimane in strada, impressionato dal sangue.

La scena viene descritta così: «Erano distesi sul fondo del fosso, ci saranno stati circa una trentina di centimetri. Non ho idea di cosa gli fosse preso. Ma appena sono sceso lui ha desistito e ha provato ad allontanarsi. È tornato in strada e stava per prendere la bici, è salito, ma gli abbiamo detto di non andarsene, spiegandogli che l’ambulanza e avrebbe aiutato anche lui. Il ragazzo ha semplicemente obbedito. Non lo abbiamo nemmeno toccato, sembrava in stato confusionale, tremava tutto».

È in quel momento che l’uomo si prende cura di Marta Novello. «Aveva il volto coperto di sangue, ma non ho visto il coltello, è stata lei a dirmi che era stata colpita. “Non lasciatemi sola” diceva. Sono stato giù, le ho dato la mano, sono stato con lei ma non l’ho spostata per evitare di aggravare le sue condizioni. È sempre rimasta cosciente, anche quando sono arrivati i due carabinieri, ha parlato con loro».

Sono circa le 17.30, di lunedì 22 marzo, subito dopo arriva anche il Suem, Marta Novello, sarà ricoverata all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, in prognosi riservata. «Quando ho saputo delle sue condizioni ho pregato per lei» ci racconta Michielutti.


Ora, dopo quattro settimane la ragazza è a casa, con i suoi genitori. Il suo stato di salute è in costante ripresa, dice chi le sta vicino. Nessuna dichiarazione pubblica sui social, la ventiseienne e la sua famiglia cercano di evitare i riflettori.

Anche il destino del suo aggressore, nel frattempo detenuto nel carcere minorile e accusato di rapina, è uscito dal cono di luce delle cronache quotidiane. Riserbo, riservatezza: è quello che hanno cercato da subito, e comprensibilmente, entrambe le famiglie. C’è però un ingrediente che manca ancora in questa storia: la verità, il movente, una spiegazione per una simile violenza.

Signor Michielutti, è stato sentito dagli inquirenti? «Sono stato in caserma, dopo l’aggressione, fino alle 20. Poi niente. Rimango ovviamente a disposizione, per quando ci sarà il processo». Come si sente ad averle salvato la vita? È stato ringraziato? «Sono contento di aver fatto la cosa giusta, confido presto di sentirla o di incontrarla». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA




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