PAULARO. La Carnia piange la morte dell’alpinista Adriano Sbrizzai, leone delle vette: aprì, da solo e in compagnia, 300 vie tra Carnia e Cadore. Era di Casaso di Paularo e aveva 72 anni. Positivo al Covid, si è spento all’ospedale di Pordenone. Un grave lutto per gli amanti delle cime e la comunità intera. «Forte, allenato, inattaccabile in salita – lo ricorda Sandro Plozner, vicepresidente del Cai Fvg e caro amico – era rapito dalla bellezza della montagna, ci trovava serenità, tranquillità e nuove sfide da affrontare». Lascia la sua adorata famiglia (la moglie Luciana,i figli Emiliano ed Evelin, i nipoti)e tanti compagni di escursioni e scialpinistiche. Adriano emigrò per lavoro giovanissimo tra Austria e Svizzera, dove fece il muratore così come poi a Cortina d’Ampezzo e in Carnia.
Fu a Cortina però che conobbe grandi alpinisti, come Lino Lacedelli, dai quali imparò ad arrampicare e lo scialpinismo. Lui preferiva dedicarsi all’apertura di nuove vie, ma non mancò cime come Monte Bianco, Rosa e il Monviso. Impegnato nel sociale, fece parte per 46 anni della Filarmonica Nascimbeni, per 22 anni del complesso folkloristico Alpenecho e da 8 anni era nel coro Ana Cive. Appena poteva partiva per le sue escursioni sulle amate Dolomiti (Catena Chiarescons, Monfalconi, Popera, Marmarole) dapprima con Sergio Lessi, in seguito con l’amico “Ciabo”, il figlio o in solitaria. O sulle montagne della sua vallata (Gruppo Sernio-Grauzaria, Tersadia, Zermula, Cavallo, Polinik). Aprì circa 300 vie (di cui 173 come capocordata raccolte da un anno in un sito web creato da Emiliano) tra Friuli e Veneto.
L’ultima la aprì ad agosto sulla Croda da Campo, sul versante di Padola, col figlio: «Diceva che era una delle più belle che aveva fatto» racconta Emiliano, che imparò da lui ad arrampicare: «Era bravo a insegnare – dice – sapeva mostrarmi passaggi in massicci all’apparenza irraggiungibili e mi metteva in guardia sulle conseguenze di mosse sbagliate. Mi ha dato il piacere di vincere sfide che non immaginavo. Era bello raggiungere assieme la cima».
Adriano era molto orgoglioso della via che aveva aperto sulla creta sud-ovest del Monte Sernio: la “Via dell’anello”. Era nel consiglio direttivo del Cai di Ravascletto: era il responsabile della sentieristica da circa 20 anni (lo si trovava spesso, armato di motosega e decespugliatore a sistemare i sentieri) e convinto accompagnatore di “montagnaterapia” per i ragazzi disabili del Csm e della Comunità Piergiorgio di Caneva per l’effetto benefico su di loro nel vincere paure e assaporare la serenità che infonde la montagna. Collaborava con la scuola sulle Guide ecologiche, partecipava al progetto Passopass ed era promotore del progetto “Villaggio degli Alpinisti”. Amava ritirarsi nella sua piccola baita di “Zouf” ma in compagnia spiccava per buonumore e cordialità. «Uomo spassoso – ricorda Sandro Plozner– era sempre l’ultimo ad abbandonare la compagnia».
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