Fra i silos di Emilia Wine, spunta il brano “Zed” del correggese Lef-T
CORREGGIO. Rock, radici reggiane, eclettismo. Mette insieme tanti spunti frizzanti “Zed”, l’ultimo singolo pubblicato da Lele Borghi, percussionista, cantante e chitarrista correggese conosciuto per la lunga militanza nei Mamamicarburo e da tempo impegnato come solista, come docente e come strumentista per altri artisti.
“Zed” prende il nome dalla definizione inglese dell’ultima lettera dell’alfabeto, è un brano rock diretto e senza molti fronzoli, in cui Borghi si occupa in solitaria delle parti vocali e della batteria così come di chitarra e basso, con la sola eccezione di alcune parti affidate a Max Frignani, nel cui studio carpigiano sono state registrate le basi.
La rifinitura e il messaggio sono stati poi curati da un altro volto noto locale, l’autore, arrangiatore e session man Valerio Carboni. La canzone non fa parte di un album ma è uscita come singolo, accompagnata da un videoclip dal forte sapore nostrano.
Tre versioni di Lele Borghi suonano chitarra, basso e batteria all’interno di una grande cantina sociale, la sede di Emilia Wine ad Arceto di Scandiano, fra silos metallici e contenitori per la fermentazione del vino; le parti in esterno portano il musicista a casa, a Correggio, sotto i portici e nel cuore del centro storico della cittadina.
«Da tempo collaboro con Emilia Wine, a vicenda ci riteniamo testimonial della reggianità: è stata una bella opportunità quella di sfruttare gli spazi per il mio clip, ne sono molto contento, così come di aver potuto girare altre parti a Correggio», racconta ora il batterista.
Il singolo è solo una parte del suo cammino, che procede su più strade: «Dopo l’esperienza con i Mamamicarburo ho avviato tante collaborazioni, una delle più durature è quella con il musicista irlandese Andy White. Quando suona in Italia mi coinvolge sempre nei suoi progetti: grazie a lui ho potuto registrare un album nei celebri studi della Real World di Peter Gabriel a Bath, in Gran Bretagna», racconta Borghi.
Un luogo del mito, sede dell’etichetta voluta dal grandissimo performer inglese, ex voce dei Genesis e poi autore di alcuni dei principali dischi degli ultimi quarant’anni di musica, fra rock e suggestioni di ogni parte del mondo.
Adesso però non è tempo di dischi in lungo: «Credo che questa forma sia parzialmente superata, per tanti motivi. Ora i miei brani escono con la sigla “Left” come singoli, quando sono pronto e li ho prodotti, senza più aspettare un contenitore più grande come il classico disco, questa era volta la volta di “Zed”», precisa.
Ora, con il miglioramento del quadro sanitario generale, si può anche pensare di riproporre queste canzoni dal vivo. E qualche primo tentativo, intimo, è già ripartito.
«Io da tempo propongo degli “home concert”, dal nome sofà tour: mi presento nelle abitazioni e nei giardini delle persone che mi chiamano, da solo, con chitarra, voce e una cassa particolare per le percussioni, e ripropongo le mie canzoni e non solo. È una formula semplice: basta una ventina di cuscini, ora sono riuscito a riprendere con le prime esibizioni».
Per i grandi numeri è ancora presto, la memoria torna invece a momenti collettivi decisamente più affollati di cui ha Borghi ha fatto parte, come il celebre “Rockin’ 1000”, l’evento che mette insieme un migliaio di musicisti per riproporre grandi classici. Un concerto che ha avuto origine a Cesena e che Borghi segue dal principio come responsabile dei batteristi o, per usare la definizione del progetto stesso, come “drum guru” per tutti i percussionisti partecipanti.
Un compito non facile, far andare a tempo 250 persone in contemporanea, anche per questioni di logistica e di spazio fra le varie postazioni, «ma con qualche accorgimento è possibile – conclude –, e l’effetto sonoro di sentire tutte le batterie è davvero qualcosa di unico». —
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