Depositi bancari su del 12% in un anno +662 mln in Canavese, un terzo a Ivrea
La pandemia ha congelato i piani di acquisto e investimento delle famiglie aumentando i depositi bancari sul territorio. Lo dicono i numeri di Confindustria Canavese su focus elaborato da Banca di Italia: nel 2020 i risparmi sono passati complessivamente da 5 miliardi e 492 milioni a un totale di 6,154 miliardi. L’incremento, in soli dodici mesi, è stato quindi pari per l’intero Canavese a 662 milioni di euro (+12%). L’Eporediese in questo quadro segnala un incremento percentuale ancora più alto, con 200 milioni di euro in più messi in banca, pari a oltre il 13%.
Si tratta di riserve di denaro con funzione di risparmio precauzionale che il Canavese (158 Comuni per un totale di 367.994 abitanti incluso il Ciriacese) ha accantonato prima di tutto per far fronte agli imprevisti. Sul risultato finale ha però giocato anche il calo forzato dei consumi su questo che, di fatto, rappresenta un territorio dotato di per sé di una certa capacità finanziaria ereditata dal grande passato industriale.
Ma c’è altro a spiegare la spinta alla liquidità, fa notare Claudio Ferrero, presidente Comitato piccola industria e vicepresidente Confindustria Canavese. «Molte imprese hanno avuto accesso ai prestiti emergenziali garantiti dallo Stato, stimiamo che in Canavese la cifra complessiva viaggi attorno ai 450 milioni di euro, denaro spesso impiegato per anticipare la cassa integrazione, visti i ritardi generalizzati, mentre in altri casi non tutto è stato utilizzato, finendo così per diventare deposito». Nel 2020 molte aziende hanno superato la crisi di fatturato e ordinativi ricorrendo alla liquidità immessa in grandi quantità sul mercato dal sistema bancario col supporto delle garanzie statali. Se i prestiti così concessi hanno consentito loro di coprire gli esborsi fissi, è anche vero che hanno fatto aumentare in modo marcato il peso del debito, misurato in anni di cashflow generato dalle aziende, e l’onere per interessi. Nei settori in cui il cashflow (fatturato, acquisti beni e servizi, costo del personale) è negativo, non è nemmeno immaginabile calcolare quanti anni di risorse generate internamente servirebbero ad estinguere il debito. Ecco perché, per molti, il superamento della crisi è stato solo rimandato. Il Canavese conta 32.742 sedi di impresa. Di queste 2.492 si collocano nella sola zona di Ivrea e Cintura, poi vengono Chivasso (2.197), Rivarolo e Volpiano (1.295 e 1.202), il resto è distribuito sul territorio senza significative concentrazioni. Gli addetti complessivi riferibili a tutte le localizzazioni di impresa (comprese le unità locali situate fuori Canavese) sono 104.318, distribuiti per il 66% nelle imprese di piccole e medie dimensioni. La cui caratterizzazione produttiva, qui, risulta per lo più legata al commercio (23%), le costruzioni (19%), i servizi alle imprese (18%), l’agricoltura (12,7%). Incertezza, si diceva, legata anche al mercato del lavoro che in un anno ha visto in Canavese diminuire la stipula di nuovi contratti del 6,6%. Hanno pagato il prezzo più pesante in termini di perdita di occupazione le professioni qualificate nelle attività commerciali e gli operai specializzati nell’industria e nell’artigianato (che da solo pesa al 33% del tessuto produttivo canavesano), mentre hanno tenuto le qualifiche più basse legate alla logistica e l’imballaggio. Ben si comprende allora la tendenza ad accantonare, per chi ha potuto farlo. «Il clima di paura e incertezza ha pesato tantissimo, certo. Pensiamo a marzo 2020. Ci siamo trovati in una situazione inedita per cui le famiglie, al di là della scelta di risparmiare, si sono viste quasi azzerate le occasioni di spesa, dal matrimonio alla vacanza alla banale cena fuori». Le aziende, dal canto loro, «hanno messo da parte», ma meno facile sarà «per le medie imprese far rientrare il debito e tornare ai livelli di due anni fa», a meno di interventi di policy mirati a rafforzare la loro situazione finanziaria.