Tentano di estorcere 370 mila euro a don Albino Bizzotto: in sei finiscono in carcere
PADOVA. Tentata estorsione a don Albino Bizzotto: 11 persone finiscono nei guai. Con quasi 14 mila telefonate, un gruppo di sinti, fingendosi indigenti, si è fatto consegnare 370 mila euro dal prete, fondatore dei Beati costruttori di pace
L’OPERAZIONE. Alle prime luci dell’alba, più di 70 Finanzieri del Comando Provinciale di Padova, a conclusione di una delicata indagine delegata dalla locale Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione, nelle province di Padova, Venezia e Vicenza, ad un’ordinanza nei confronti di undici persone di etnia sinti, che disponeva la custodia cautelare in carcere di sei soggetti, il divieto di dimora nei comuni della Regione Veneto di altri quattro e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria di un ulteriore individuo, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari, dott.ssa Domenica Gambardella, su richiesta del dott. Giorgio Falcone, magistrato titolare delle indagini, in ordine ai reati di circonvenzione di incapace e tentata estorsione ai danni di Don Albino Bizzotto, sacerdote, fondatore e presidente di una nota associazione nazionale di volontariato con sede a Padova, i Beati Costruttori di Pace.
Contestualmente, sono state eseguite anche decine di perquisizioni nei confronti dei responsabili, allo stato indagati, a vario titolo, anche per i reati di atti persecutori e violazione di domicilio, oltre che per le fattispecie penali per le quali è stata adottata la misura restrittiva della libertà personale.
LE INDAGINI. Le complesse e articolate attività investigative condotte dai militari della Compagnia di Cittadella hanno messo in luce una serie di reiterate e insistenti richieste di denaro da parte degli indagati, i quali sono riusciti ad ottenere elargizioni, nell’arco di due anni, per oltre 370 mila euro, in contanti o mediante la ricarica di carte prepagate.
In particolare, come emerso dalle intercettazioni telefoniche, gli stessi hanno sistematicamente manifestato al prete esigenze e stati di bisogno del tutto inesistenti, non mancando di promettere invano la restituzione delle somme ricevute. Le continue e pressanti richieste di denaro, sia presso la sede dell’associazione in presenza del prelato sia mediante l’effettuazione di circa 14.000 telefonate nell’intervallo temporale compreso tra i mesi di luglio 2018 e luglio 2020, hanno trascinato la persona offesa in un perdurante stato di ansia.
LE MENZOGNE. Approfittando di ciò, i malfattori hanno adottato un copione ben rodato, costituito da menzogne, quali, a titolo esemplificativo, disgrazie familiari, incidenti, vicissitudini giudiziarie, volte a muovere a compassione l’interlocutore, animato esclusivamente dallo spirito caritatevole di aiutare il prossimo, facendogli credere che l’unica soluzione percorribile fosse rappresentata dall’elargizione di somme di denaro.
Successivamente alla presentazione della denuncia-querela da parte del sacerdote, allorquando lo stesso non disponeva più di poteri all’interno dell’ente caritatevole, gli indagati hanno iniziato a formulare vere e proprie minacce, compresa la prospettazione di gesti di autolesionismo.
Tuttavia, il vantaggio patrimoniale derivante da tali tentativi estorsivi non si realizzava, essendo la persona offesa impossibilitata, da quel momento, a procurarsi quanto richiesto.
L’attività di servizio in rassegna testimonia la costante azione della Guardia di Finanza nel contrasto dei reati contro la persona e il patrimonio, a tutela delle fasce più deboli della popolazione, consentendo, nel caso di specie, all’associazione di volontariato, attiva da oltre trent’anni nell’assistenza e nel sostegno ai più poveri e bisognosi, di poter continuare a rendere il prezioso servizio per la collettività al riparo dalle azioni di individui spregiudicati.